Milleottocento miglia a sud di Sant’Elena – di Giuseppina M. Picetti (Liberodiscrivere)

Milleottocento miglia a sud di Sant’Elena

Giuseppina M. Picetti

Liberodiscrivere edizioni

A  milleottocento miglia a sud di Sant’Elena esiste una piccolissima isola vulcanica persa nella vastità dell’oceano Atlantico: Tristan da Cunha. È proprio sulle coste di questo perduto scoglio in mezzo al mare che, negli ultimi decenni del 1800, il brigantino commerciale “Italia” farà naufragio, dopo che un incendio e una tempesta hanno quasi del tutto distrutto la nave. L’isola è abitata da una esigua comunità di lingua inglese che accoglie e rifocilla i naufraghi. Tra loro c’è un ragazzo Jim, un povero orfanello fuggito dallo sfruttamento e dall’accusa di aver ucciso una sua piccola amica, con la quale era costretto all’accattonaggio e a piccoli furti da parte di una banda criminale. Salvato e nascosto sulla nave dal secondo ufficiale Marani che lo incontra per caso nel porto di Londra, verrà scoperto nel mezzo della navigazione dal resto   dell’equipaggio e sarà accettato, nonostante alcune rimostranze, solo per il volere del capitano De Nevi. 

La calda ospitalità degli isolani, nella lunga attesa che un’altra nave  percorra quelle rotte e riporti così i naufraghi in Europa, farà sì che si instaurino rapporti di vera amicizia e nascano anche relazioni amorose tra i nuovi venuti e gli abitanti del luogo. Fino a che non verrà fuori la storia di un possibile tesoro nascosto sull’isola a incrinare i rapporti tra alcuni di loro, ad innescare  e riportare a galla antiche invidie, odi repressi e trame  che sfoceranno in episodi cruenti: due omicidi e un rapimento.

Recensione

Il romanzo di Giuseppina Picetti parte da una storia vera, anzi: lei stessa è discendente di uno di quei naufraghi. Realmente nel 1889 il brigantino genovese “Italia” dopo un incendio, si arena sulle coste di Tristan da Cunha, la piccola isola a milleottocento miglia a sud di Sant’Elena. Qui, durante l’esilio di Napoleone, fu stanziato un drappello di soldati inglesi con le loro famiglie, proprio per tenere sotto controllo il Generale. In questo esiguo territorio, tanto isolato, si trovavano ancora alla fine del diciannovesimo secolo, alcuni degli uomini e delle donne che avevano scelto di rimanere in quel paradiso sperduto nell’oceano, solitario ma pacifico e rigoglioso, vivendo senza l’uso del denaro, coltivando e scambiando i prodotti della terra e l’ acqua  delle loro fonti, con le navi di passaggio che sapevano di poter contare lì di un approdo sicuro e di scorte fresche.

“Il cielo è sereno, solo qualche nube all’orizzonte. L’aria di prima mattina, fresca e piacevole, muove appena le piante e i fiori, coperti di rugiada. Qualcuno rabbrividisce.  Intorno all’isola il mare è calmo: tutto è pronto per far sì che sia una giornata serena.”

Il racconto in sé ha il sapore dell’avventura. Scritto con garbo e piacevolezza ci riporta alle atmosfere epiche di isole, tesori e pirati. A quelle epopee picaresche nelle quali gli imprevisti si susseguono insieme alla narrazione di amicizie, di legami forti e di rancori profondi.

L’autrice ricama con abilità i rapporti interpersonali che si creano sia sulla nave che sulla piccola isola. Le scelte di campo e individualità caratteriali dei protagonisti sono il vero fulcro della vicenda. La benevolenza quasi paterna che il capitano De Nevi ha nei confronti del giovane primo ufficiale Marani, il sincero affetto che quest’ultimo e le persone suell’isola riservano al piccolo Jim, l’astio apparentemente immotivato che il nostromo  Sanguineti mostra verso gli altri ufficiali, pur mantenendo una professionalità da esperto marinaio. Sono tutti elementi che ben delineano le situazioni e l’ambiente in cui si svolge l’azione che avrà poi risvolti ed epilogo inaspettati.

“Sono restati sullo scoglio ad osservare l’imbarcazione mentre si allontanava fino a raggiungere la fiancata della nave. È sembrato loro che, in quel momento, Paulette si voltasse e agitasse le braccia. Ma come esserne sicuri?

Poi tutto è finito.”

Tutt’oggi su quel piccolo scoglio in mezzo al mare, vivono ancora i discendenti di quelle genti e di alcuni dei naufraghi della nave “Italia” che lì hanno scelto di rimanere.

Cristina M. D. Belloni