“Nero Chiaro Quasi Bianco” di Pippo Zarrella (NEO Edizioni)

“Nero Chiaro Quasi Bianco” di Pippo Zarrella (NEO Edizioni)

La copertina di questo romanzo costringe a soffermarsi: un volto strappato, un insetto, colori bruciati. E un grande protagonista: Oreste Ferrajoli, che è appassionato di insetti e di truffe.

Oreste, che di professione fa l’avvocato, ha studiato un metodo che a suo dire è infallibile, per guadagnare. Inizia così a costruire un castello di menzogne che si regge sulla speranza che non accada alcun imprevisto.

Che invece un giorno accade. Oreste è così messo davanti all’inevitabile, ma non può deludere sua moglie, perdere ciò che ha conquistato, il prestigioso studio e la clientela, i guadagni e le sue preziose teche con gli insetti.

Napoli, città meravigliosa, fa da sfondo alle avventure del protagonista, personaggio essa stessa, sembra ammonire Oreste, metterlo in guardia, invano. Oreste è un bugiardo seriale, sembra non rendersi conto dei rischi, delle conseguenze, o forse crede di poter sempre trovare una via d’uscita.

Strano ma vero, a lui ci si affeziona. Non è un protagonista per cui si può provare empatia né compassione, eppure accade. Accade di prendere le sue parti nonostante in lui ricorrano tutte le caratteristiche che, nella quotidianità, condanniamo. Sembra uno dei tanti furbetti, che però si mostra nudo con le sue debolezze. Ed è simpatico in modo incredibile! Sincero, genuino, verace.

Oreste mente agli uomini, li usa a suo piacimento, soltanto con gli insetti non riesce a mentire. Un po’ Kafka, un po’ Svevo, Zarrella muove le fila del suo protagonista riservandogli la compassione che tutti ci auguriamo dopo aver letto di queste gesta ingegnose e disperate.

Una grande prova, esilarante e costruita in maniera impeccabile, piena di colpi di scena e personaggi perfettamente caratterizzati.

Ecco l’incipit, anzi l’epilogo! Perché questa storia comincia dalla fine:

Ci ho provato. Non mi hanno creduto.

Io, l’avvocato Oreste Ferrajoli tanquam non esset. Non esisto. Non sono mai esistito.

Sono un bugiardo. Non sono un avvocato. Non sono un marito. Non sono niente.

Anche il mio cognome mente. Un giorno decisi di sostituire la prima “i” di Ferraoli, con la lettera “j”. La “j” conferisce un tono regale a un cognome che si eleva da un contesto nazional-popolare affollato di Esposito, Russo e Ferraioli, appunto.

Ho due vite parallele, fatte di bugie e falsità. Vite parallele talmente vicine che si illudono di incontrarsi come banali rette incidenti.

Da oltre vent’anni ho mentito su ogni cosa, ai miei colleghi, ai mia moglie, ai miei genitori. L’unico frammento di verità erano i miei insetti che collezionavo al riparo da occhi indiscreti.

Loro sapevano tutto.