“Non mi vendere, Mamma!” di Barbara Alberti (Nottetempo)

Non mi vendere, Mamma!"
Non mi vendere, Mamma!”

Dal sito dell’editore:

Non mi vendere, Mamma!”

Asia, una bambina abbandonata, all’orfanatrofio si innamora di Lillo, che da grande diventa il suo pappone. E la vende ai Trump, due ricconi americani, come madre surrogata del loro erede. Viene fecondata in una clinica svizzera. Una notte, una vocina la sveglia di soprassalto: “Ma che sei scema, mamma? Ma che davvero mi vuoi dare a quei due?” È il bambino, che le parla dalla pancia. Chico (si è scelto lui il nome) non vuole saperne di biologia, ed è testardamente deciso a conquistare l’unica che riconosce come madre. Il piccolo seduttore, sfrontato, beffardamente evangelico, tenero e crudele, comico nato, fan del libero arbitrio, eminente affabulatore e imbroglione discreto, è pronto alle mosse più scorrette pur di convincerla a fuggire insieme. Al potere dei soldi oppone l’anarchia delle favole, e un amore impossibile, inseguendo quel riso/ che una volta riso, ha fine ogni miseria.

 

Recensione:

Qualunque sia l’idea che vi siete fatti di questo romanzo, leggerlo vi sorprenderà. Il tema è difficile, divide le coscienze, l’autrice genera opinioni contrastanti perché ha una voce forte e sincera, ma questa favola (amara) non tratta l’argomento con retorica o saccenteria.  Al contrario, la narrazione è per tutto il tempo attraversata da un sottile umorismo che rende ancora meno digeribile la realtà.

Asia è una ragazza sfruttata, abusata, venduta in nome dell’amore. Ma Lillo, che le chiede di volta in volta un pegno sempre più arduo, è in realtà un vigliacco che approfitta di una debolezza comune a molte donne. Lillo abbindola Asia perché lei teme di perderlo. Riesce a ottenere perché lei lo cura con amore materno. E un figlio va sempre difeso, finché… Finché un figlio non arriva davvero. E allora tutto cambia. D’altronde, quale uomo (che si possa definire tale) chiederebbe alla donna che lo ama di vendersi come se il suo corpo fosse merce, per saldare un debito di gioco o di droga? Follia, si direbbe. Eppure ne sono piene le pagine di cronaca…

L’operazione che fa l’autrice è una limpida esposizione della realtà in cui gli elementi più infimi si mescolano. Lo spaccio e il mondo della droga e del gioco d’azzardo, la violenza sulle donne, le leggi di mercato e il divario fra i ricchi e i poveri, la maternità surrogata.

“– Già, difatti è pieno di colf che vanno dalle miliardarie e dice “Senti mi fai un figlio per favore?”, e la miliardaria “Ma certo, è un atto d’amore!” è il trionfo del ricco sul povero, l’ultima frontiera della schiavitù.”

Tutto sembra scorrere bene, Asia è abituata a soffrire e vivere di stenti, a mangiare persino i croccantini del cane per sfamarsi quando la casa è assediata dai creditori, quindi l’arrivo dei Trump, coppia di texani straricchi che vogliono un erede a tutti i costi, senza rinunciare al tempo e alla linea, li salva dalla condizione di profonda indigenza e li proietta in una clinica svizzera circondata da alberi su cui si rincorrono gli scoiattoli e dove le fontane zampillano serene in un clima di profonda armonia con la natura e l’uomo. Asia deve sottostare a un ferreo programma e continui controlli ma è un piccolo prezzo da pagare per vedere la luce. Nove mesi e poi tutto sarà finito. D’altra parte, lei è soltanto la madre surrogata. Non sono suoi gli ovuli fecondati che le hanno impiantato nell’utero. Lei è soltanto la terra che custodirà il seme, ma il merito è del contadino che lo ha piantato.

“Se vendere un figlio già nato è orribile, essere fabbricati per esser dati via è molto peggio. Nascere per negazione!”

Qui si pone il vero dilemma: davvero Asia è soltanto un’incubatrice che trasporta un embrione dalla sua fecondazione alla nascita? In principio sembrerebbe di sì. Tutto va infatti secondo i piani, fino a quando Asia si sveglia di notte all’improvviso. Il primo calcetto. E tutto cambia.

“Filava tutto liscio. Ma quella notte, la svegliò un calcetto da dentro – il primo. Accidenti, quello c’era veramente. Asia si sentì turbata.”

Inizia così a sentire la voce del bambino dentro la pancia e questo crea inevitabilmente un legame indissolubile per cui il suo corpo e il feto non sono soltanto “pezzi da laboratorio” ma persone.

“– Un figlio non è un rene. è un grande mistero che succede a tutti ma quando succede a te, che provi quella soddisfazione da albero – che dai la vita, in piccolo come fa Dio… – be’ ti pare la prima volta nel mondo. “

Chico ha poco tempo per convincere Asia che lui è comunque suo figlio e dovrà sfoderare tutte le sue doti di affabulatore per riuscire nell’impresa. Ma Asia è un osso duro. L’ignoranza, l’orfanotrofio, l’hanno ridotta a cercare soltanto un riscatto sociale, qualunque cosa il suo gesto comporti. Non le sembra vero che i Trump la vogliano portare in America con loro.

C’è un pizzico di magia in questa storia che allevia la durezza della realtà: c’è Cicho, che le parla dalla pancia e le racconta storie di tempi passati ma sempre attuali; c’è Bionda , un liocorno travestito da cagnetta, c’è la vista a raggi X e c’è la voglia di riscatto.

“– Ascoltami tu: la capisci la parola impossibile? – No. Appena la capisci, sei già pronto a farti comandare.”

In un libro di poco più di cento pagine, Barbara Alberti riesce a offrire spunti di riflessione che rimangono nell’animo anche quando l’avventura finisce.

 

Anita