#Non solo libri
Parlare di malattia e fede in una struttura per anziani
#Non solo libri
Parlare di malattia e fede in una struttura per anziani
Sì, ok, sembra che parliamo di libri anche oggi, ma non è proprio così.
Qualche giorno fa ho portato questo breve romanzo al lavoro, in una struttura per anziani, e l’ho preso come spunto per riflettere con gli ospiti su alcune tematiche.
Il libro parla di due sorelle (la recensione la potete leggere qui): Laura tennista affermata, che molla tutto, partita e carriera, perché ha visto la Madonna sul campo da tennis, e Cristiana, giovane donna affetta da SLA e quindi costretta su una sedia a rotelle con prospettiva di vita molto limitata.
Abbiamo letto loro alcuni stralci e hanno apprezzato. In particolare sono emersi due argomenti:
la fede e la malattia.
La fede
perché la maggior parte di loro è cattolica e credente, risultava loro difficile capire come una persona possa non credere. Sono anche piovuti giudizi, perché è inconcepibile per loro l’atteggiamento di Cristiana nei confronti della sorella e della fede.
E la malattia:
non la loro, ché loro non si vedono malati, quasi nessuno. E questo ha anche i suoi aspetti positivi. R.C. è stata l’unica a dire che lei, veramente, su quella carrozzina, a dover dipendere sempre dagli altri, non ci sta bene. Che le piacerebbe poter starsene a casa sua, e pazienza se il marito non c’è più. Se solo uno dei suoi figli fosse qui, se la potesse accudire, starebbe senz’altro meglio. Però poi ha anche aggiunto che è contenta per i suoi figli, che lei ha fatto sacrifici perché loro potessero lavorare e non chiederebbe mai loro di rinunciare al lavoro o alla famiglia per lei, o di tornare in Italia. È contenta quando la vengono a trovare, sa che le vogliono bene, glielo dimostrano in modi diversi dalla presenza costante.
Hanno parlato delle loro scelte ed esperienze:
di lasciare momentaneamente la famiglia per accudire i genitori malati, o di accettare di essere ricoverati in struttura perché i figli lavorano, sono lontani, etc…
M.A.: ci ha raccontato di aver lasciato temporaneamente il marito per stare con la madre malata. Erano in sei, tra fratelli e sorelle, e si alternavano. Non avrebbe potuto fare diversamente, per lei non c’erano alternative, ma lei non lavorava, non aveva questo legame. E allora, quando le abbiamo fatto immaginare che cosa avrebbe fatto se avesse avuto un lavoro, ha proposto altre soluzioni. Sembra poco, ma è molto. Per persone abituate a vedere la vita come fatta di percorsi e scelte prestabiliti, immaginarsene una diversa è un’apertura.
M.D., che vorrebbe che la mamma stesse bene, ma che la accudiva anche quando era sana, perché a lei ha dedicato la sua vita.
E poi G.T., molto credente, ci ha raccontato i suoi sogni e le sue visioni. Rigida nella sua fede, sostiene che chi non crede ha una vita vuota e povera, del resto lei ha rinunciato a tutto per amore di Dio, con cui è in costante contatto.
È difficile riportare lo scambio di impressioni, di opinioni e di sentimenti che è emerso. Siamo riuscite, io e l’educatrice, a farli parlare un po’ di loro, del loro intimo, di alcuni disagi che vivono quotidianamente. Ognuno con le sue peculiarità, le sue difficoltà, i suoi giudizi e le sue rigidità. A volte non è semplice proporre una prospettiva un po’ diversa, in maniera comprensibile e senza sconvolgere troppo le loro sicurezze, senza mancare di rispetto e facendosi capire. Ma ci proviamo.
È un lavoro che facciamo ogni giorno, di parlare con loro, ascoltarli, ma oggi ho voluto condividere con voi, perché lo spunto di conversazione l’ho preso da un libro. E loro hanno apprezzato. Abbiamo già programmato un percorso che tragga spunto dai romanzi, man mano ve ne parlerò.
Daniela