Il paradiso degli orchi – di Daniel Pennac

Il paradiso degli orchi

di Daniel Pennac

Feltrinelli

Dal sito dell’editore

Un eroe, Malaussène, che come lavoro fa il “capro espiatorio”. Una famiglia disneyana, senza mamme e babbi, con fratellini geniali, sorelle sensitive, una “zia” maschio protettrice di vecchietti, ladri e travestiti brasiliani, una “zia” femmina super-sexy, ritratto irresistibile del giornalismo alla “Actuel”, una misteriosa guardia notturna serba, un cane epilettico. Questa esilarante banda di personaggi indaga su una serie di oscuri attentati, sull’orrore nascosto nel Tempio del benessere, un Grande Magazzino dove scoppiano bombe tra i giocattoli e un Babbo Natale assassino aspetta la prossima vittima. Un’altalena tra divertimento e suspence, tra una Parigi da “Misteri” di Sue e una Parigi post-moderna dove proliferano i piccoli e grandi “orchi” che qualcuno crede estinti. Degli orchi si può ridere o si può tremare. Uno scrittore d’invenzione, un talento fuori delle scuole come Pennac, non ha certo paura di affrontarli con l’arma che lui stesso così definisce nel libro: “l’umorismo, irriducibile espressione dell’etica”.

Recensione

Questo libro mi è stato affidato dalla mia prof d’Italiano come primo titolo di lettura  all’inizio del IV Ginnasio.

 Devo dire che non è stato semplice per me. Leggo da quando sono una bambina, un po’ di tutto, ma con  ‘Il paradiso degli Orchi’ ho fatto fatica.

Già il titolo richiede una spiegazione e la puoi trovare all’inizio del libro: “per attirare il piccolo Dioniso nel loro cerchio, i Titani agitano certi ninnoli. Sedotto da questi oggetti scintillanti, il bambino si fa avanti e il cerchio mostruoso si richiude si di lui. Tutti insieme, i Titani assassinano Dioniso; dopodiché lo fanno cuocere e lo divorano” questo fa riferimento ai sacrifici umani dei Grandi Magazzini dove, come vediamo nella foto in bianco e nero del 1942, dei bambini venivano attratti nel reparto giocattoli e giustiziati. Quindi individuiamo nel titolo la parola orchi come la malvagità di questo gesto, per la parola paradiso il reparto giocattoli che era considerato un mondo fantastico per i bambini.

Ecco, già dall’inizio, tutta la faccenda, mi ha scioccata a morte e tutto il tempo della lettura sono rimasta a pensare che non era un libro adatto ad una di tredici anni. E un  po’ di mi dispiace, perché poi, ho letto in giro qua e là qualcos’altro di Daniel Pennac e credo che sia uno forte, uno grande davvero. Ma ero troppo impegnata ad odiarlo per apprezzarlo, forse tra qualche anno lo riprenderò in mano  per dargli una seconda possibilità

In questo romanzo, Pennac decide di dare ampio sfoggio della sua maestria linguistico-sintattica. L’autore  dimostra grande abilità nel giocare con le parole; oscilla tra irrealtà, similitudini, metafore, ironia ed empatia. Lo stile narrativo, essendo il libro narrato in prima persona, è molto personale ed empatico, lasciando trasparire molto l’ironia del protagonista.

E l’Opera? Il libro narra la storia di Ben Malussène, che di mestiere fa il capro espiatorio( cioè viene pagato per farsi umiliare da un altro addetto in modo che, i clienti venuti a reclamare si impietosiscano a tal punto da rinunciare al risarcimento) presso il  Grande Magazzino. Anche se il lavoro è molto duro, Benjamin è costretto a svolgerlo poiché ha una famiglia molto numerosa da mantenere: i fratelli Clara, Thérèse, Jeremy, il Piccolo e il cane Julius. La famiglia Malaussène vive nel quartiere di Belleville, mentre la  madre dei Malaussène è uno spirito libero e molto spesso scompare per lunghissimi periodi, tornando incinta e abbandonata dal suo ennesimo grande amore. La storia ha inizio quando, nel Grande Magazzino dove Benjamin lavora, iniziano ad esplodere una serie di bombe.  Il protagonista è presente a quattro detonazioni,  nello specifico alla quarta è presente  la sorella “sensitiva”, Thérèse,  che aveva previsto l’accaduto.
Il primo indiziato, dunque, è proprio Ben. Ma la polizia, invece, decide di fidarsi di lui, il quale si dimostrerà un valido collaboratore alle indagini e proprio grazie al suo aiuto  riuscirà a capire chi è il vero killer del Grande Magazzino. Infatti, da una foto in bianco e nero del 1942 si è riuscito a riconoscere il luogo: il Grande Magazzino; alcune ombre: un cane epilettico, la quale crisi è sicuramente avvenuta  nello stesso luogo in cui è avvenuta quella di Julius, ed alcune persone; in primo piano una delle vittime delle bombe, nudo per compiere un sacrificio umano ai danni di un bambino.
Le vittime delle bombe dovevano essere i sei di quella foto che, nel 1942, mentre il Grande Magazzino era chiuso, eseguivano sacrifici umani all’interno del reparto giocattoli del Centro Commerciale a bambini attirati dai giocattoli stessi.
Le bombe venivano fabbricate all’interno del centro commerciale dove era possibile rubare il necessario: Ben lo capisce grazie alla dimostrazione che suo fratello Jérémy fa a scuola.
L’ultima vittima è un vecchietto che lavora per Théo, il quale sembra aiutare il protagonista per la risoluzione del caso, ma in realtà cerca di attirare tutta la colpa al santo del Grande Magazzino, il Capro Espiatorio che fingeva di essere il Tecnico, ovvero proprio Benjamin Malaussène.

***** ATTENZIONE SPOILER *****

Alla fine del libro, il commissario Rabdomant spiega che in realtà le esplosioni sono stati dei veri e propri suicidi. Infatti, i membri della setta (chiamata “setta dei 111”) si erano tutti suicidati perché sapevano che, secondo gli astri, sarebbero dovuti morire cruentamente, dunque decisero di passare a miglior vita per mano propria e non a causa di qualche altro assassino.

Finita l’avventura, Ben viene licenziato perché la sua fidanzata, “Zia Julia”, scrive nel  giornale “Actuel”, per cui lavora,  in cosa consiste il lavoro del Capro Espiatorio. Dopo il licenziamento, decide di cambiare mestiere, ma l’arrivo dell’ottavo fratello lo spingerà a lavorare come Capro Espiatorio per una casa editrice.

Giada