Abbiamo letto questo libro in occasione del Blogtour organizzato dalla casa editrice.
Questa la nostra tappa, relativa alla presentazione e all’estratto:
Oggi la recensione la fa Ivan, nuovo collaboratore appassionato di polizieschi, noir e thriller.
recensione
Sono abituato a leggere libri molto corposi, dalle trame ricche d’intrecci e a volte impegnative. Quindi leggere “Primo piano sul cadavere”, breve romanzo di ottantacinque pagine, per me è stata un’esperienza diversa.
La scrittura di Léo Malet è fluida e piacevole e l’intera storia si svolge in una giornata, lo stesso tempo che mi è servito per leggerla.
Nestor Burma, un investigatore privato parigino agli esordi, riceve l’incarico di proteggere un noto attore, Julien Faverau, perché quest’ultimo viene minacciato di morte. Per il neo investigatore sarebbe un’ottima pubblicità, se dovesse riuscire a salvare la vita al suo cliente; così accetta di sorvegliarlo all’interno del luogo dove Faverau ritiene di trovarsi in vero pericolo.
Il volto del detective, tempo prima, è stato impresso su dei volantini pubblicitari, così, per evitare di essere riconosciuto dalla persona che vorrebbe uccidere l’attore, che a detta di Julien dovrebbe essere qualcuno che opera all’interno dello studio cinematografico, non appena arriva in loco con la scusa di apparire come comparsa, Burma si affida a un truccatore che gli cambia l’aspetto.
Il volto trasformato del detective è descritto diverse volte tra le pagine, e la cosa mi è piaciuta perché mi ha trasmesso una certa simpatia per il personaggio. Nessuna descrizione della città invece viene menzionata, perché la storia si svolge tutta tra il set e i vari luoghi, ben descritti, all’interno dello studio cinematografico.
Proprio nel camerino di Faverau inizia la narrazione e, dopo essere rimasti soli, mentre il detective discute col suo cliente, questo cade a terra, stecchito. Anche se non è un medico, Nestor Burma capisce fin da subito che il suo primo cliente è morto, e che probabilmente è stato avvelenato. Il detective riflette:
“Così avevo iniziato a capire che Faverau era una vipera a cui gli uomini cortesi avrebbero preferito offrire un bicchiere di arsenico piuttosto che vederlo crepare di sete”.
Ma ritiene che non sia ancora tutto perduto e può sempre rifarsi trovando l’assassino del suo antipatico cliente. Il primo sospettato è il padre di una delle tante amanti dell’attore che ha perso la vita durante un intervento per abortire, ma Burma non è convinto che l’uomo menzionato pocanzi possa essere l’assassino. Perquisisce il corpo della vittima, trova alcuni indizi e preleva dalle tasche di Faverau anche il compenso che gli sarebbe spettato, poi si affaccia in corridoio per chiamare la costumista, e nota che:
“Il colorito del suo naso mi aveva garantito che doveva aver approfittato di quella libertà per andare alla buvette.”
Lei poi si precipita nel camerino e, non appena vede l’attore per terra, terrorizzata caccia un urlo e l’autore, con una punta di umorismo, descrive molto bene la scena così:
“Dopo aver lanciato un grido, poi un altro, e tra i due, a mo’ di sandwich, aver invocato il nome del Signore”.
Un attimo dopo anche il detective si reca al bar, ma per chiamare la polizia.
Arrivato sul luogo del delitto, il commissario Petit-Martin prende subito in simpatia quell’uomo con quel volto trasformato dal trucco, così ascolta le sue ipotesi e insieme cominciano a indagare, aggiungendo alla squadra un giornalista trovato sul posto.
L’investigatore privato si mette a caccia dell’arma del delitto oltre che dell’assassino, segue delle piste, ha dei sospetti, comincia ad affiorare qualche colpo di scena, ma per ben due volte si sbaglia e lì per lì il commissario non gli da più retta.
Infine un particolare di poca rilevanza mette Burma nella pista giusta e così, in un finale per certi versi inatteso, giustizia è fatta.
Rispetto ai romanzi più moderni, con ritmi più serrati e intrecci più articolati, oltre al numero di pagine decisamente superiore, questa lettura è più semplice e veloce. Risponde ai canoni dell’epoca, con ritmi lenti e tranquilli, una lettura più pacata, senza troppi colpi di scena. Un poliziesco i cui protagonisti sono i personaggi, prima ancora della storia.
Ivan Collura
ringraziamo la casa editrice per la copia digitale