Ho chiesto Psicologia di Instagram perché mi interessava l’argomento, conoscere un po’ di più Instagram, avere il parere di psicologi ed esperti, solo che da quando l’ho ricevuto a quando l’ho letto sono passati quasi due mesi durante i quali ho visto The social dilemma e letto altro. Guardavo il libro e pensavo “e adesso che cosa potrà dirmi di nuovo?”.
E invece no. Il mio primo istinto era giusto.
A differenza degli altri, questo libro non demonizza Instagram né i social network in generale, anzi, sottolinea molti aspetti positivi. Per esempio lo sviluppo della creatività: grazie a Instagram e alle possibilità che fornisce, i ragazzi sono sollecitati a inventare e a essere creativi. Così come Instagram può essere utile per formare la propria identità pubblica, per trovare persone con gli stessi interessi ed evadere dai muri e dalle distanze fisiche, per mettersi in contatto con chi è più simile.
Instagram è in grado di facilitare la costruzione di una identità narrativa, fondamentale per rispondere alla domanda “chi sono io?” e definire la nostra personalità.
Noi siamo quello che raccontiamo di essere, ed è soprattutto attraverso le nostre narrazioni che costruiamo una versione di noi stessi nel mondo (identità sociale). Attraverso i racconti di vita possiamo sintetizzare i ricordi, gli scopi e gli obiettivi personali, creando un racconto indentitario coerente.
La costruzione della propria identità procede per tentativi nella vita reale così come sul social.
Tuttavia gli autori mettono anche bene in chiaro quali possono essere i rischi: una eccessiva dipendenza, il confondere l’identità digitale con quella reale. Su Instagram ci si mostra la meglio o come si vorrebbe essere. Lo fanno tutti, utilizzano i filtri e per abbellirsi e rendere interessanti le proprie foto e stories, questo non significa che non abbiano difetti o che non siano mai tristi. Solo che non lo fanno vedere sul social network.
La mancanza di rappresentazione delle emozioni considerate “negative”, quali tristezza, noia e disagio, per esempio, rischiano di far sentire escluso il ragazzo che non si identifica con nessuno. Rischia di fargli credere di essere il solo a provare quelle emozioni, invece sono emozioni trasversali, che proviamo tutti. Il vivere troppo online, lo sappiamo, ci rende più difficile raggiungere la maturità emozionale, comprendere quello che proviamo e, di conseguenza, quello che provano gli altri.
L’adolescente sperimenta l’inquietudine di “essere senza esserci”, per la difficoltò di dare forma a quello che l’adolescente sente dentro di sé ma che non è ancora visibile agli altri.
infine ogni capitolo è corredato da utili schede informative o esercizi da fare coi propri figli che vogliano aprire un account Instagram.
Trovo che questo libro sia utile nel dare indicazioni su come sfruttare gli aspetti positivi del social. Senza dubbio è la parte che mi è interessata di più, dato che è anche quella di cui si parla meno in questo periodo.
Un libro interessante, utile per chi non è molto pratico di Instagram e vorrebbe saperne di più, ma anche per quegli adulti che lo conoscono, ma che si sentono esclusi dagli account dei figli, che non li capiscono o che temono la dipendenza diventi incontrollabili. Le indicazioni e i consigli pratici che danno sono facilmente applicabili e aiutano molto, anche a focalizzare il dialogo genitori-figli sull’argomento.
Ringraziamo la casa editrice per la copia cartacea