“Il Silenzio del Sabato” di Maria Antonia Avati (La nave di Teseo)

"Il Silenzio del Sabato" di Maria Antonia Avati (La nave di Teseo)
“Il Silenzio del Sabato” di Maria Antonia Avati (La nave di Teseo)

Devo dire subito che questo per me è un libro bellissimo.

Il Silenzio del sabato si riferisce al momento in cui si tace nell’attesa della resurrezione, per rispetto alla morte del figlio di Dio. Ma c’è qualcuno che grida e il suo dolore non può rimanere inascoltato. Una madre, nel momento in cui suo figlio esala l’ultimo respiro, non può restare in silenzio.

La figura di Maria, madre di Gesù Cristo, ha sempre rivestito un ruolo molto importante da un punto di vista religioso ma non soltanto. Anche dal punto di vista letterario la sua gravidanza contiene l’origine di una civiltà, come la dea madre ha generato l’universo, lei è rappresentazione della vita poiché genera colui che riscatterà gli uomini. Nata senza peccato, accetta in silenzio ciò che Dio decide per lei.

Ma “Il Silenzio del Sabato” di Maria Antonia Avati, ne propone una raffigurazione umanizzata. Maria è innanzitutto donna e madre. Come tutte le ragazze della sua età, teme che lo sposo possa non crederle e si consola nel conforto degli anziani genitori che la rassicurano perché la stessa voce l’hanno sentita anche loro. Tutto intorno a lei è deciso e a questa volontà superiore lei si abbandona, in silenzio, ma come qualunque donna chiede conferme e rassicurazioni a quel figlio che si prepara a lasciarla.

Maria ha coraggio, fede, forza interiore e compassione. A Gesù che le chiede di prendersi cura di Giovanni, lei risponde che è di suo figlio che vorrebbe occuparsi. Nonostante sia ormai un adulto e sebbene si preparasse a questo evento da sempre, è impensabile per una madre restare ferma a osservare suo figlio che muore su una croce.

Maria è sublime nel suo essere madre ci racchiude tutte, ci abbraccia tutte e ci restituisce, attraverso le parole con cui Maria Antonia Avati le fa rompere il silenzio a cui le scritture la relegano, una figura umana e reale sebbene celeste nella sua infinita dedizione.

non dubita ma soffre, tenta di mascherare il dolore cercando di sorridere a quel figlio che la sta abbandonando. Tanto è lo struggimento interiore che non lo riesco neppure a immaginare, ma l’autrice lo trasmette tratteggiando il personaggio in maniera sapiente e calibrata.

Nei gesti, nelle parole, negli sguardi di Maria prende vita l’umanità. Attraverso la sua speranza, possiamo sperare di salvarci. Ogni madre si ritrova in lei e la riconosce come faro luminoso. Maria rappresenta le donne, non per forza credenti. La maternità è infatti amore e accoglienza, verso l’altro, che si sublima nella più tragica delle esperienze ma che è essa stessa vocazione.

Ora lo posso ripetere: questo è un libro bellissimo.

Un Estratto:

“E non le importava del sangue che le impregnava i vestiti, dell’odore di feci, urina e vomito che lui emanava, perché era tutta roba di suo figlio. Ricongiungeva delicatamente, con le punte delle dita, i lembi di pelle martoriata. Gli scopriva la fronte dai capelli. Gli asciugava la saliva che colava dalla bocca semiaperta. Strappò un brandello dal fondo dell’abito per otturare la ferita che aveva sotto le costole, perché lui potesse trattenere di sé tutto il possibile.”