“Stoner” di John Williams (Fazi/Mondadori)

Un caso editoriale, il romanzo perfetto, duecentomila copie vendute postume, appena duemila vendute mentre l’autore era in vita. Sto parlando di “Stoner” di John Edward Williams, un best seller di alcuni anni fa che io mi sono decisa a leggere solo adesso. È stato scelto come lettura condivisa di settembre da parte del Gdl “Sulla traccia di Angela” della Biblioteca “Di Giampaolo” di Pescara.

Dopo la rivalutazione di pochi anni fa, “Stoner” ha fatto parlare di sé anche di recente perché nel 2021 i diritti di pubblicazione di John Williams sono passati a Mondadori, che promette di ripubblicarne l’opera omnia negli Oscar fino a raccoglierla in un’uscita dei Meridiani nel 2023.

Da Mondadori “Stoner” è stato riproposto ad aprile con una copertina che rielabora quella originale della prima edizione americana del 1965 e presenta un’intervista di Bryan Woolley e un dossier di lettere editoriali. Io invece ho letto l’edizione Fazi del 2012. C’è da scommettere che gli innamorati raccoglieranno entrambe le edizioni. Perché ho capito che “Stoner” è così: o lo si ama o lo si odia.

Cos’è “Stoner”

Stoner è un cognome. Chi mastica l’Inglese vi riconoscerà subito un che di resistente e immobile, in quanto stone significa pietra. E lui infatti così ci appare: un uomo tendenzialmente statico, che ama studiare e che dedica alla letteratura i pochi guizzi di azione che ha. William Stoner entra nel mondo universitario solo perché un professore gli vede una passione che lui stesso non sa di avere. Si sposa senza esserne convinto. L’unico modo in cui le due Guerre attraversano la sua vita è svuotandogli il campus. Incappa in un amore dimostrando di avere energie e risorse per coltivarlo, ma anche di essere un pesce in un mare, troppo piccolo per contrastare le correnti.

Punti di debolezza

Nel romanzo di John Williams conosciamo un protagonista che può farci pensare all’inetto sveviano, ma che dal mio punto di vista è un uomo che semplicemente sta, come un albero contro le intemperie. È un uomo che cerca di tenere botta all’incedere delle cose, perché così il suo background in fattoria gli ha insegnato: la natura gli dà la terra secca, una moglie anaffettiva, una figlia svuotata. La natura non si può combattere, alla natura ci si può solo adattare.

“«Deve ricordare chi è e chi ha scelto di essere, e il significato di quello che sta facendo. Ci sono guerre, sconfitte e vittorie della razza umana che non sono di natura militare e non vengono registrate negli annali della storia. Se ne ricordi, al momento di fare la sua scelta.»”

Stoner si muove nella sua esistenza cullato in una barchetta piena di libri. Gli unici veri movimenti che gli vediamo fare sono legati alla letteratura, all’etica accademica e alla disquisizione letteraria. C’è chi chiama passività questo suo modo di essere e lo subisce con irritazione. Io l’ho trovato assolutamente realistico e ho provato affetto per lui, l’ho trovato meritevole di rispetto.

Personalmente non sono riuscita ad apprezzare la parte centrale, prettamente universitaria, in cui sembra di stare a lezione ed è possibile perdersi dietro i ragionamenti. Forse ho qualche idiosincrasia verso le disquisizioni accademiche.

Però, però, però…

Per quanto male si possa voler dire a “Stoner”, alla fine non si può fare a meno di salvarlo. Le ultime cento pagine tornano nell’intimismo delle prime cento, che ho più apprezzato, e culminano in un finale unanimemente riconosciuto come meraviglioso. Se dovessi mai privarmi della mia copia di “Stoner”, farei in modo di conservare l’ultimo capitolo.

“E avvertì anche, con quel respiro che fece, qualcosa che si spostava dentro di lui, in fondo, e spostandosi fermava qualcos’altro, immobilizzandogli la testa in modo che non potesse più muoversi. Poi la sensazione passò e si disse: ecco come deve essere.”

Lo stile di John Williams è lirico e pacato. Mi sono piaciute infinitamente le descrizioni, perché rivelano un osservatore attento al dettaglio e ai cambiamenti portati del Tempo. L’autore non è mai cinico né feroce verso la sua storia o i suoi personaggi: ci consegna anche i caratteri peggiori con un velo di compassione, come se nessuno potesse essere diverso da ciò che è.

Consigliato: ognuno ci troverà qualcosa di sé.

Cristina Mosca