“Storia del nuovo cognome” (e/o 2012) è il secondo libro della tetralogia “L’amica geniale” di Elena Ferrante che sto leggendo insieme al gruppo di lettura #famiglietraboccanti di La mensola traboccante. Grazie alla lettura intensa e partecipata di Anna Bonaiuto su Audible, per me è come stare guardando la serie.
Abbiamo già recensito il primo volume de “L’amica geniale” qui e qui.
Cos’è “Storia del nuovo cognome”
Lenù sente sempre più ampia la discrepanza tra la sua vita, che percepisce “arenata” nello studio, e quella di Lila, che le sembra evolvere nel matrimonio e nella vita sociale.
Eppure, la felicità dell’amica scorre solo a brevi tratti. Suo marito la picchia, lei non riesce a dargli un figlio e il lavoro diventa un ambiente sempre più soffocante.
Le due amiche passano insieme l’estate al mare e qualcosa cambierà completamente le carte in tavola.
Punti di forza
In “Storia del nuovo cognome” si confermano i pregi dell’intreccio della tetralogia “L’amica geniale”. Vengono tessute maglie così strette da sentirsi strozzare.
Lila è sposata ed Elena è ancora cotta di Nino, pur negandolo. Questa situazione spinge il lettore a tenere gli occhi addosso a tutti i personaggi, che si riducono a cinque principali durante la lunga estate al mare, anche con un certo grado di morbosità.
“(…) poiché per amore era sul punto di compiere un atto inconcepibile nell’ambiente in cui eravamo cresciute (…) la considerai felice di quella felicità burrascosa dei romanzi (…). Non la felicità coniugale, ma la felicità della passione, una furibonda confusione del male e del bene, che era capitata a lei e non a me”
Tra i vari reggicandela, rivelazioni da nascondere, la violenza imperitura e le scelte anticonformiste, “Storia del nuovo cognome” a un certo punto acquista gli stessi tratti della relazione fra Anna Karenina e il suo amante. Tra le righe troviamo tracciato il noto circolo vizioso di sentimenti che vorrebbero essere coltivati nella quotidianità, ma che per la quotidianità non sono fatti.
Però, però, però…
La realtà del Rione e del romanzo in particolare sembra così chiusa e piccola che finisce per ripresentare sempre gli stessi personaggi. È come se tutti ragionassero per prossimità, puntando l’amico dell’amica e poi mettendosi con la commessa e poi con la segretaria… come se fosse impossibile andare oltre. Da questo punto di vista abbiamo a che fare con personaggi quasi verghiani, che faticano ad allontanarsi dalla casa del nespolo come vittime di un incantesimo.
“Avevo una me nascosta, capii, che dita, bocca, denti, lingua sapevano scovare. Strato dietro strato, quella me perse ogni nascondiglio, si espose in modo inverecondo e lui mostrò di conoscere il modo per evitare che fuggisse”
“Storia del nuovo cognome” appare come il passaggio tra l’adolescenza e l’età adulta in un tempo non pronto, perché nelle protagoniste la forza dei sogni e il bisogno di affermarsi sono troppo presenti per adeguarsi ai dettàmi ormai troppo stretti. In questo senso le due amiche rappresentano, in modi opposti, una società che cambia, che vuole continuare a crescere e che cerca una sua identità: Lenù con lo studio, Lila con la rottura dei legami convenzionali.
Cristina Mosca