Sotto questo Sud
di Patrizia Prete
Quello che delle cose del mondo possiamo comprendere dipende da come riusciamo a guardarle, dipende dallo sguardo con cui riusciamo davvero a vederle. Così è anche se guardiamo il Salento, bellissima landa geograficamente collocata a nord dell’Africa, tanto mediaticamente esaltata in alcuni suoi aspetti, quelli più rilevanti per il mercato del turismo di massa, quanto poco conosciuta, negletta e marginalizzata, nelle sue più urgenti necessità, nelle sue più sfidanti prospettive di autentico progresso.
“Sotto questo Sud”, che ha l’intenzione di proporsi come un reportage fisico, antropologico, sociologico e civile, scritto in chiave narrativa, prende avvio da alcuni articoli della Costituzione italiana, a tutt’oggi ancora in vigore, per quanto largamente inattuata in molti fondamentali passaggi, e racconta di luoghi e situazioni, abitudini, convinzioni e convenzioni, stereotipi e comportamenti sociali, dati e fatti, persone e personaggi del tutto reali, che fanno del Salento una penisola molto vicina e, allo stesso tempo, molto lontana dal resto dell’Italia e del mondo.
Recensione
Ho impiegato un po’ a scrivere questa recensione, e può sembrare strano.
Sulla pagina di Chili di Libri in fondo ne ho parlato più volte, ho postato immagini, video recensioni e articoli sulla presentazione a Lecce. Eppure sedermi e scriverne in maniera più completa e coerente, mi è risultato difficile.
Mi è piaciuto molto questo libro, chi ci segue se ne sarà accorto. Trovo che abbia spunti interessanti. E mi ha dato modo di conoscere Patrizia di persona, e forse questo è uno dei problemi, uno dei motivi per cui ho difficoltà a mettere per iscritto i pensieri. Con Patrizia si è creato un bel rapporto, eppure non la conoscevo prima di leggere il suo libro. Abitiamo entrambe in Puglia. Anzi no, in Salento. Profondo Sud. Estremo Sud. Terronia (si può dire?). Lei vi è nata, io mi ci sono trasferita. Tutte e due abbiamo passato decenni al Nord, io per esserci nata e cresciuta, lei per averci studiato e lavorato.
E abbiamo anche esperienze in qualche modo affini, pensieri simili, punti di vista non molto difformi. Insomma, ci siamo trovate. E vorrei che questa mia recensione rendesse giustizia al libro e alla persona, e temo di non esserne in grado, e quindi tergiverso. Lo sto facendo anche adesso, con le parole.
Di che cosa parla “Sotto questo sud – Per dirti del Salento, terra d’Italia, di miracoli e di desolata bellezza”?
Del Sud, ovviamente, del Salento e di come ci si vive, in primis. Ma non solo. Ci parla di malcostume, di usanze strane e incomprensibili, di processioni e di diritti civili; quei diritti civili che stanno avendo riconoscimenti un po’ a tutte le latitudini. Ci parla di lavoro e di morte, di turismo e immigrazione, di sogni e disperazione, di mafia e legalità, ulivi e tradizioni, terra e mare.
Il libro è stato pubblicato da una piccola casa editrice salentina, ed è giusto così, se vogliamo, ma è anche giusto dare un po’ più di respiro a un libro che prende Parabita (paese salentino di residenza dell’autrice) come spunto e scusa per parlare di noi: di noi italiani, europei, occidentali, del nostro modo di pensare e di vivere. Di come, ben sapendo, spesso, che cosa sarebbe giusto fare, continuiamo a scegliere l’alternativa, che è meno giusta se non proprio sbagliata, ma più comoda, facile, a portata di mano e che di solito non richiede un gran dispendio di energie.
Questo è uno dei passaggi che ho preferito. Si parla di un capannone sottratto alla mafia, recuperato e rinnovato, destinandolo a nobili utilizzi:
O anche questo:
Curare il paesaggio salentino significa riconoscere l’inestimabile eredità di una cultura condivisa con altra comunità, che hanno fatto del bacino del Mediterraneo un’area di produttività e di ricchezza, dedita ai traffici di beni preziosi per la sopravvivenza degli umani.
Patrizia Prete riesce a parlare del presente, mostrandoci chiaramente il percorso fatto per giungervi, e proiettando le immagini future. Non ha soluzioni, lo dice lei stessa, ma ama la sua terra, nel senso letterale del termine. Non ama solo l’Italia e il mondo intero (e non fa finta, ve lo garantisco, ama tutto ciò che sa e che profuma di buono, indipendentemente dall’origine), Patrizia ama il suolo. Salentino e non. Lo ama perché riconosce, come se fosse stata teletrasportata da un’epoca remota, il potere e l’importanza della terra. La terra così generosa, che ci permette di vivere e di amarci, di rapportarci con altri umani e culture, la terra che in qualche modo denota le nostre origini e le nostre radici. La terra, da cui sono nati gli ulivi, simbolo di questo Salento, sfruttato e spogliato, depredato e denigrato. Un Salento simbolo di quello che non funziona, del fallimento della cultura occidentale, della democrazia e del consumismo. Un Salento non tanto e non solo come area geografica definita, ma come modo di essere stati, di crescere, di cambiare e adattarsi. Riflettere in piccolo, a volte, come in questo caso, permette di vedere e comprendere anche gli avvenimenti maggiori, quelli che se li guardiamo nella loro globalità ci sfuggono.
Daniela