“Tre Madri” di Francesca Serafini (La nave di Teseo)

Tre Madri

Questo romanzo è un giallo che rompe gli schemi. Mi ha subito catturato la cura per la scelta delle parole, le frasi complesse che a differenza di molta letteratura odierna non temono di sfidare il lettore sul piano della lingua.

C’è una profonda attenzione alla struttura e si avverte la competenza, la maturità della scrittura sebbene sia un esordio (nel romanzo, perché già l’autrice ha altre pubblicazioni all’attivo ed è sceneggiatrice).

L’animo dei personaggi, soprattutto la protagonista, la commissaria Lisa Mancini, è scandagliato in un flusso che alterna descrizioni e riflessioni. Emerge il conflitto interiore, l’animo travagliato di questa donna che da tempo non riusciva più ad appassionarsi a un caso.

Ma quando scompare River qualcosa le scatta dentro. Stupisce anche l’agente semplice Codeluppi, che prima delle ventiquattrore non si muoverebbe alla ricerca. Eppure Lisa sente che qualcosa non quadra. Deve parlare con la madre dello studente scomparso. Perché una madre sente, una madre sa.

River è un quindicenne di origine inglese, un bravo ragazzo, studente modello che mai avrebbe fatto perdere le sue tracce senza avvertire. Ma la comunità in cui vive River è vittima di pregiudizi, sono artisti che raccattano materiali di scarto per farne opere d’arte, non sono ben visti dagli abitanti del luogo.

Ecco che abbiamo davanti un romanzo sui pregiudizi, sulla maternità, sulla ricerca della verità oltre le apparenze, la commissaria deve scavare nella vita del borgo e anche nella sua per trovare le risposte che cerca.

Le madri, che danno il titolo al romanzo sono tre (e fanno riferimento a una canzone di De André) appunto ma sono molte di più, perché qui si parla di tutte le madre e dell’essere genitore in generale che è un compito assai gravoso.

Un poliziesco che si intreccia alla ricerca di un’interiorità sopita, e può sciogliere il mistero soltanto ponendosi nudo davanti alla verità.

Incipit:

Di là dal fiume e tra gli alberi del bosco alto, nei giorni di libeccio, quando dalla ferriera antica il fumo si abbassa fino alla foschia del primo mattino, il profilo medievale di Montezenta si distingue appena, tutto avvolto da una nebbia in cui la natura e le sue insidie si allacciano per consegnare alla vista la definizione opaca di un’ecografia prenatale.

Eppure, come in quel nero traslucido le famiglie in attesa si contendono il primato delle somiglianze, così Tonio, il custode della fonderia, anche in giorni come questi sa riconoscere a uno a uno i tetti rossi del paese, mandando a memoria il panorama lungo il tragitto che da trentasei anni lo riporta a casa da sua madre, quando smonta il turno e non c’è il vento a offuscargli i pensieri.

Anche questa mattina, e’ Gramet – è così che lo chiamano in paese, per via della figura alta e magrissima – percorre la strada trascinando il carretto con gli scarti dello stabilimento: trucioli della lavorazione al tornio, perlopiù, e un paio dei pezzi più grandi che gli operai, quando possono, di nascosto mettono da parte per lui. Gli varranno qualche euro non appena, superato il bosco alto, nei pressi del ponte sul fiume, riuscirà a raggiungere Ca de Falùg.

Quando arriva, il piccolo accampamento di roulotte e di prefabbricati sembra ancora addormentato. Lo domina, dall’alto, la scultura in lamiera della testa – enorme – di un bambino: metà in acciaio e metà in rame, gli occhi verdi di vetro, fissi, e un vuoto squadrato che sprofonda dal labbro superiore a rappresentare la disperazione di un grido che ha strappato via il mento.

L’autrice:

Francesca Serafini ha pubblicato tra le altre cose Questo è il punto. Istruzioni per l’uso della punteggiaturaDi calcio non si parla e Lui, io, noi (con Dori Ghezzi e Giordano Meacci). Scrive da anni sceneggiature per la tv e per il cinema: con Claudio Caligari e Giordano Meacci ha scritto Non essere cattivo, film dell’anno ai Nastri d’argento nel 2016 e candidato italiano agli Oscar nello stesso anno. Sempre con Giordano Meacci ha scritto il biopic Fabrizio De André – Principe libero del 2018. Tre madri è il suo primo romanzo.

Dal sito dell’editore:

La commissaria Lisa Mancini a soli trentatré anni ha già alle spalle una carriera straordinaria. Tanti successi in Italia e all’estero di cui potrebbe vantarsi, ma che creano intorno a lei un’aura di mistero il giorno in cui decide di abbandonare l’incarico all’Interpol di Lione per dirigere il commissariato di Montezenta, un piccolo centro romagnolo con i pregi e i difetti della provincia italiana, e di tutte le province del mondo. Nessuno conosce il motivo del trasferimento di Lisa.

Tutto quello che sappiamo sul suo conto è che, sbrigate le pratiche di routine, passa le giornate chiusa nel suo ufficio a giocare a Candy Crush sul cellulare. Finché non viene denunciata la scomparsa di River: un quindicenne di origine inglese che vive con la sua famiglia in un piccolo villaggio appena fuori dalle mura medievali di Montezenta.

Una comunità libertaria e anticonformista che trasforma in opere d’arte i materiali di scarto, e che attira per questo su di sé l’ostilità e i pregiudizi del resto della popolazione.
River – uno studente modello, capace di farsi amare da tutti – è davvero una vittima oppure sta scappando da qualcosa di cui è lui stesso responsabile? Per riuscire a rispondere a questa domanda, Lisa dovrà combattere i demoni del suo passato, e trasformare la ricerca del ragazzo in un viaggio a perdifiato dentro sé stessa.

In un romanzo straripante di scelte coraggiose e parole raccolte con cura, di canzoni che si insinuano nei pensieri e film che lasciano folgorati, Lisa Mancini è un personaggio che parla di noi, delle nostre paure, dei nostri affetti più incandescenti.