Ultima la luce – di Gaia Manzini

Ultima la luce

Gaia Manzini

Edizioni Mondadori

Dal sito dell’editore

Ivano è un uomo come tanti. Per tutta la vita ha cercato di costruire la sua felicità e ha sempre creduto di esserci riuscito. Il lavoro di ingegnere, una bella famiglia: un piccolo capolavoro di stabilità, proprio come le dighe che ha progettato in ogni parte del mondo. Finché Sofia, sua moglie, viene a mancare e lui si trova improvvisamente libero e solo, incapace di capire se esista ancora un Ivano senza Sofia. Decide allora di partire per Santo Domingo, dove il fratello si è ritirato dopo anni di lavoro nella finanza. Lì incontra Liliana, una donna spontanea e fragile come una bambina, e se ne sente attratto. Sull’isola, però, Ivano intuisce che qualcosa non va: il fratello, con il quale ha sempre avuto un rapporto di grande complicità, si comporta in modo strano, sembra un altro. Riconsiderandoli a distanza, molti fatti e persone della sua vita gli appaiono diversi da quello che ha sempre creduto. Prima tra tutti sua moglie, un enigma affascinante e indisponente, nonostante quarant’anni di vita insieme. E poi la figlia Anna, rimasta a Milano: reticente, ostile, asserragliata in una vita che il padre non ha mai compreso. Quello che Ivano scoprirà riguardo al passato finirà per rompere gli argini in cui la sua esistenza è sempre scorsa tranquilla. Eppure, quando tutto è sul punto di crollare, si prospetta una seconda occasione, la possibilità di un nuovo inizio. Con una lingua duttile, devota all’incanto semplice e maestoso della realtà, una scrittura mobile in cui ci si immerge come nell’acqua – limpida, avvolgente, misteriosa –, Gaia Manzini racconta le illusioni intorno alle quali creiamo la nostra felicità e dà voce a una generazione che negli anni del Boom si è costruita un’idea luminosa di futuro a costo di rifiutare le proprie radici, lasciando dei conti in sospeso. Ma Ultima la luce è anche la storia di un tempo di mezzo, dell’attesa di un nuovo ordine delle cose: una famiglia si è disgregata, una nuova famiglia sta per nascere. Il passato è alle spalle, davanti c’è solo la luce.

Recensione

Ivano ha perso la moglie Sofia da pochi mesi, quando decide di andare a trovare il fratello Lorenzo ai Caraibi, dove si è trasferito da qualche anno, e dove sua moglie gli chiedeva sempre di andare, ma lui non voleva. Uno dei ricordi più vividi che ha del tempo passato col fratello riguarda la piscina: quando andavano a nuotare, in un’alternanza di acqua e luce. Però la complicità di un tempo sembra essere svanita. Non riescono a parlare del passato, non riescono a comunicare e Lorenzo sembra voler dire qualcosa a Ivano, senza riuscirci.

«Se io improvviso tu costruisci la realtà, tassello per tassello… Le tue costruzioni! Alla fine, non vedi altro. Anche se sono sempre molto lontane dai fatti. Sei stato così in tutto, in ogni singola cosa della tua vita. Illudersi è la strategia di chi non vuole prendersi responsabilità, la strategia dei deboli.»

Con la morte della moglie Ivano si ritrova a dover imparare a vivere di nuovo, e se il dolore è forte, lo è altrettanto il sollievo

Quello che voleva dirle è che ogni singolo giorno condiviso con Sofia era incancellabile. Incancellabili certe abitudini, certe frasi che continuava a pronunciare, anche se lei non poteva rispondere. Da quando era morta era successa una cosa: la sua visione del mondo, che per decenni si era mescolata alla visione del mondo della moglie, era tornata a essere a tutto campo.

Sua moglie che si mostrava sempre così remissiva, rimproverava in silenzio e faceva pesare il suo dissenso senza esprimerlo. Lei che aveva inseguito e raggiunto una sua idea di eleganza, di gusto e felicità.

Siamo stati insieme quarantadue anni, eppure, quando se n’è andata ho avuto la sensazione che per me Sofia fosse stata un’occasione persa. Soffriva e non capivo perché. Era misteriosa, inaccessibile. Un’occasione persa per quarantadue anni.

Gaia Manzini ci racconta Ivano e Sofia, con flashback in una Milano che sembra non esserci più, ma che in realtà è cambiata e si è reinventata, come deve fare Ivano da quando è vedovo. Modificare lo sguardo sul mondo, ripensare alla felicità e alla serenità. E se la casa gli appare vuota, è anche un’occasione per riavvicinarsi alla figlia. La quale ha i suoi ricordi di Sofia, sia come madre, sia come moglie.

Non era vero che sua madre fosse una donna fredda. Tutt’altro. Provava il continuo affanno di non riuscire a sentire la forza dell’amore, di non esserne capace.

Anna conosceva bene quegli orecchini, una volta li aveva indossati al mare, rubandoli dal cassetto della madre. Ivano le raccontò di quanto fosse bravo a far ridere Sofia nei momenti meno opportuni. E lei capì che c’era stato un tempo in cui erano stati felici.

Quella che ci viene raccontata potrebbe essere una storia reale come tante, di una persona abituata a pensare e vivere in due, costretta a cambiare paradigma. E la Manzini lo fa con delicatezza e precisione. Sullo sfondo una città viva e amata. Per me, che sono di Milano, potermi orientare tra le pagine del romanzo come farei nella mia città, è stata una passeggiata piacevole. Rivedere la Cozzi, salire sul 19 (ormai 27) e percorrere Vincenzo Monti, camminare dal Duomo al Castello e tanti altri dettagli, che non so come possano suonare a chi la città non la conosce.

E la casa in cui hanno vissuto una vita insieme, che ha fatto da cornice al loro amore, in cui è nata e cresciuta la figlia Anna; una casa in cui Ivano non si sente più a suo agio.

«Vorrei sapere perché lo fai.» Suo padre era dritto, il mento proteso, una mano su un fianco, la posa rigida e composta di un soldato che nasconde le sue ferite. Lui amava quella casa, ogni angolo, ogni singolo difetto.

«Questo posto mi parla di cose che non ho più voglia di ascol- tare» disse.

Sono tante le cose che mi hanno colpita di questo libro: come ho accennato la delicatezza del racconto, del parlare di una vita insieme, di due persone che hanno condiviso molto, ma che hanno saputo mantenere alcuni propri segreti. La scelta della parole: precisa, puntuale, mai casuale. I personaggi: alcuni sembrano delle caricature a primo impatto, esattamente come lo sono certe persone, ma poi le conosci e ne scopri, con sorpresa, gli aspetti positivi. Proprio in coloro su cui non avresti mai scommesso.

E l’amore. L’amore che pervade tutte le pagine, tutta la vita, eppure così difficile da dire, a volte anche solo da dimostrare. Difficile anche da vedere, da intuire e percepire negli altri.

Il ritrovarsi di alcuni e l’allontanarsi di altri, la speranza che non muore mai. La speranza in un futuro migliore, per sé e per gli altri, in giorni a venire luminosi. E la capacità di essere felici, che si impara vivendo, come dice Ivano. Anche in un valzer improvvisato:

Liliana, seduta al suo posto, applaudiva, mentre lui sentiva che i movimenti diventavano più sciolti e naturali, come un istinto. I piedi andavano insieme, schivando gli ostacoli; le teste ondeggiavano seguendo il ritmo.

«Andiamo una meraviglia, vero?» chiese Ivano continuando a muoversi.

«Sembra anche a me» aggiunse lei. «Speriamo che la musica non finisca.»

«Non preoccuparti, non finirà.»

 Daniela