Un cappello pieno di ricordi – di Isabella Vendrame

Un cappello pieno di ricordi

di Isabella Vendrame

13Lab Edizioni

Dal sito dell’editore

Lara è nata il 20 gennaio del 1914. E’ la bisnonna di Niki, una moderna ragazzina di 12 anni che un giorno, quasi per caso, scopre un baule, un quaderno di ricette, dei centrini, un cappello e un diario. Erano appartenuti a lei, alla sua bisnonna e in quel diario sono racchiusi i suoi ricordi più preziosi, fatti di dolci sorrisi e calde lacrime. La morte precoce della madre, il rigore della vita in collegio, la guerra, ma anche la ridente infanzia con le sue filastrocche, la soddisfazione dei ricami fatti per sé e donati agli altri. E l’amore, sempre, in tutte le cose. Si intrecciano così il mondo fresco e incalzante di Niki con quello riflessivo e lento di una donna nata oltre un secolo fa. Una scoperta che accompagnerà Niki nel delicato passaggio dall’infanzia all’adolescenza, ma che soprattutto le farà capire cosa significa essere oggi una donna attraverso gli occhi di una donna di ieri.

Recensione

Isabella Vendrame in questo libro ci racconta una storia importante, tante piccole e grandi storie, in maniera delicata. Lo fa utilizzando la voce di Niki, una ragazza di 12 anni, vivace e figlia del proprio tempo, incapace di pensare a un mondo che non sia in contatto diretto con chiunque, specialmente con la sua amica del cuore Patty.

Sua madre le fa scoprire un baule contenente i ricordi della bisnonna Lara, nata all’inizio del Novecento e che di quel periodo incarna valori e sacrifici.

Per la prima volta in vita mia mi ero scontrata con la storia della mia famiglia o almeno con una parte di essa. Io avevo sempre guardato avanti, avevo sempre vissuto il presente, e invece in quel momento avevo capito che si poteva guardare indietro e vedere il passato. Mi ero sentita travolta da una valanga di pensieri e a fatica ero riuscita a seguire mamma che continuava con entusiasmo a parlarmi.

Quando si è giovani come lo sono io, i ricordi profumano ancora di fresco. Alle volte mi fanno sorridere, altre volte arricciare il naso.

In un alternarsi di lettura del diario della bisnonna, e commenti di Niki, in un parallelo tra presente e passato, l’autrice ci mostra in maniera rapida e incisiva, com’era la vita di una donna nella prima metà del secolo scorso. E lo fa con un diario e un cappello, pieno di ricordi.

Il mio cappello mi è caro non tanto perché mi rendeva elegante, ma perché mi ha permesso di chiudere la porta del collegio e di aprirne un’altra, anche se ugualmente densa di sacrificio. Ha rappresentato una svolta. L’ho avuto con me in molte circostanze belle e in altre meno belle. C’è sempre stato e c’è ancora. E dal momento in cui l’ho ricevuto in regalo, se penso ai miei ricordi, nelle miei immagini lui è sempre presente.

Nel leggere il diario Niki rivede con gli occhi della memoria città che non ha mai visitato, ascolta suoni nuovi, come le campane del collegio e il coro delle ragazze, respira profumi e odori sconosciuti, può immaginare il sapore di pietanze mai assaggiate. Rivivi ricordi che non le appartengono e che l’avvicinano a quella che lei chiama bisnonna super. Con orgoglio e ammirazione la segue e la legge, compreso il periodo della guerra, che studia solo sui libri di storia e di cui non sa nulla di prima mano, e di come i suoi bisnonni abbiano salvato una famiglia di ebrei, invitando soldati tedeschi a cena:

Diedi loro un piatto di minestra. Insieme si bevve e si ascoltò musica. Carlo aveva trovato anche dei sigari da offrire per l’occasione. Mai avrebbero pensato che sopra la loro testa era nascosta una famiglia di ebrei. Non solo, se avessero saputo che la cena che ho preparato mi era stata insegnata da una donna ebrea… per tutti noi sarebbe stata la fine. Ma il piano funzionò, il brodo fu un tale successo che quell’ufficiale tedesco continuò a venire a cena da noi, portando con sé altri ufficiali. Non abbiamo mai avuto in casa così tanti tedeschi come in quel periodo. Molte volte abbiamo avuto il dubbio che avessero intuito, ma l’affetto verso di noi e la stima verso Carlo erano tali che quando la guerra finì e quell’ufficiale tedesco dovette far ritorno in patria, prima di partire regalò a Carlo la sua preziosa divisa. Era un regalo di riconoscenza. È stato un gesto molto bello.

Come detto è un libro delicato, in cui l’autrice racconta col linguaggio di una dodicenne la scoperta di un passato che le appartiene, ma che non ha vissuto. Si percepisce l’affetto della bisnipote e la consapevolezza crescente di essere ciò che è, anche grazie a una persona che non ha conosciuto, ma che le ha lasciato in eredità molto più di un diario e un cappello. È un memento all’importanza della storia: della Storia, quella che coinvolge tutti, della storia familiare, quella che ognuno di noi ha, anche se non sempre ne è consapevole, e della storia personale, di come ognuno di noi affronta e fa propri i momenti della vita.

Nonostante appaia come un libro leggero, non lo è. I temi affrontati sono molti, gli spunti moltissimi, è compito del lettore, se vuole, fare le sue riflessioni, paragoni, oppure no. Si può anche decidere di leggere il libro come una semplice storiella, carina: le parole scritte di una signora anziana che vengono lette dalla sua bisnipote.

Io preferisco pensare che ognuno di noi, da qualche parte, abbia un diario e un cappello, e che magari si chiamano in altro modo, ma che è sempre bello (ri)scoprire.

Daniela