Un’imprecisa cosa felice – di Silvia Greco

Un’imprecisa cosa felice

di Silvia Greco

Edizioni Hacca

Dal sito dell’editore:

Quando gli oggetti a noi più cari si spezzano, si ammaccano, smettono di funzionare, di colpo diventiamo immobili e tristi. Ma cosa succede quando sono le persone a rompersi, magari in modo ridicolo, assurdo, con partenze stupide e improvvise? “Un’imprecisa cosa felice” racconta imprevedibili risvolti nelle vite strampalate di Marta, di suo zio Ernesto e di Nino. Storie di chi resta e non si arrende al dolore, di chi riesce, nonostante tutto, a farsi accecare dalla meraviglia. Specie se fuori ci sono un prato verde e un sole buono a scaldare.

Recensione

Di solito ci inviano la copertina insieme al libro, invece questa volta il nostro amico Roberto (che ringraziamo per inviarci sempre bei libri, non so come faccia, ma continua a sorprenderci piacevolmente!), se l’è dimenticata. Ho letto il libro quindi senza avere nemmeno l’idea di che cosa volesse trasmettere o rappresentare. L’ho letto e mi è piaciuto, e poi, per scrivere questa recensione, sono andata a ripescare la copertina da internet.

Wow! Bellissima! Non so se per voi che non lo avete ancora letto l’effetto è lo stesso, ma per me che so già che cosa rappresenta quel cavallo a dondolo con le rotelle sotto, la copertina è quanto di più adatto, evocativo, rappresentativo. Giusto.

Il libro di Silvio Greco è un libro delicato. Le due voci si alternano. Marta e Nino sono due ragazzi fuori dagli schemi. Lui è un po’ indietro di cottura, come si suol dire, non ha amici e non ha un padre. Poi ritrova il padre, ma perde subito la madre.

Le chiamano morti tragicomiche. Comiche per chi non ne è travolto, chi le sente raccontare come barzellette dal burlone in fila alle poste, chi ne legge distratto il trafi- letto sul giornale, e sogghigna divertito. Tragiche per chi subisce lo strappo da vicino, nel cuore, nella pancia, negli occhi increduli. Partenze stupide e improvvise, senza ritorno e stupide, stupide e senza spiegazioni. Perché la morte di quelli a cui vuoi bene già di per sé è una gran brutta bestia che ti afferra alla gola e ti sbrana fin nelle viscere, ti dimezza il respiro e ti porta giù fino all’inferno degli abbandonati. Figuriamoci se chi muore lo fa in un modo ridicolo, grottesco, assurdo come dovrebbe succe- dere solo nei cartoni animati, dove poi nessuno muore davvero. Nella vita reale si crepa anche così. E la disgrazia è smisurata perché non puoi, davvero non sei capace di fartene una ragione.

Nino però non è triste. Ha due sorelline bionde di cui prendersi cura, un bugigattolo da cui vende carabattole a basso prezzo e nessuna ambizione. Sfoglia riviste porno, ma solo per trovare volti che gli piacciono, ritagliarli e incollarli su un quaderno. Sole le facce di ragazze sconosciute che sorridono. In particolare c’è la ragazza-orecchie che riempie le sue fantasie: con lei, ne è certo, potrebbe essere se stesso, parlare e ridere senza che lei lo prenda in giro o gli dica che è scemo.

Non avevo mai fatto il funerale a nessuno, ma sapevo che i morti venivano impacchettati e finivano dentro scatole lunghe di legno che si chiamavano bare. L’avrei impacchettata come Dio comanda, non nella carta di giornale delle uova, non nei giornalini di Attilio. Avrei comprato un rotolo gigante di carta lucida da pacco, come quelle dei regali di Natale, tutta rossa, e prima di chiudere il coperchio avrei messo tantissimi fiocchi colorati dappertutto.

Marta invece cresce con la madre, molto giovane d’età, ma già vecchia dentro, e lo zio, molto più grande, ma con l’animo di un ragazzino. Con lo zio e la zia si diverte, scopre un mondo nuovo ed è finalmente felice.

Marta seguì tutto in silenzio, seduta sulla poltrona di fronte a loro. Non aveva mai visto lo zio così gattoso. Gattoso per Marta voleva dire la cosa più bella di tutte le cose belle, quando di colpo ti fidi dell’intero universo e allora ti strusci e fai le fusa e dai le nasatine contro il mondo e ogni vibrissa è in sintonia con i pianeti e le pance sono morbide e calde e profumano di casa e pane appena sfornato e se mi scegli io ti scelgo perché è così che deve andare. Se il destino ti prende e ti dice ehi, tu, sì, proprio tu, con il mio potere immenso io ora, ades- so, subito, ti nomino sovrano dei felici. Vai e sii gattoso. Devi, puoi.

Nella mail di accompagnamento è stato definito un libro sorprendente, ed è vero.

La storia è semplice, raccontata con un linguaggio semplice e accurato. Due vite che scorrono ognuna per conto suo, con il loro peso di difficoltà e sofferenza, con la fatica di stare al mondo come gli altri, la persistente sensazione di essere diversi, e poi si incontrano. E da questo incontro nasce qualcosa di inaspettato e di indefinibile. Un’imprecisa cosa felice.

Il cavallo a dondolo? Già! Una bellissima storia e lezione per tutti.

Buona lettura.

Daniela