“A Misura d’Uomo” Roberto Camurri (NN editore)

Il romanzo di Roberto Camurri mette in scena la realtà così com’è e la rende grandiosa e poverissima insieme. La narrazione è scomposta in quadri, racconti delle fasi di vita di tre personaggi principali che si intrecciano nella solitudine di un paese della pianura e sconfinano nell’universale. Anela, Davide e Valerio, ma anche Luigi e Mario, sono protagonisti a tutto tondo, illustrati da azioni e silenzi, da relazioni e isolamenti, attese, speranze e delusioni.

Anela ama Davide, di un amore complicato, spesso lo ama quando non c’è, quando non dice, quando non lo comprende. Ama anche Valerio, lo allontana, si trattiene, è l’amore il grande personaggio del romanzo. Con lui tutti i protagonisti devono fare i conti. Se nella vita reale possiamo scappare dal confronto, qui no, tutti loro devono affrontare i fantasmi di un’intera esistenza, e scegliere e subire le conseguenze delle proprie decisioni.

Anche Fabbrico si può considerare una presenza concreta a tutti gli effetti. Il paesino di seimila anime, fatto di bar, strade percorse  e ripercorse, è fatto di vuoti. Vuoti dell’anima, che lì prendono corpo. Il solo modo per non esserne fagocitati è scappare via. Salvo poi essere costretti a tornarvi e rassegnarsi a restare.

I racconti si alternano su un piano temporale che salta di continuo in avanti e indietro, senza mai confondere, anzi alimentando l’attenzione del lettore che diventa avido di storie e pagine. Risulta curioso, così, avere talvolta più informazioni dei personaggi stessi sulla loro vita e altre volte sentire che ancora manca un pezzo che l’autore ha strategicamente spostato in avanti.

Questo romanzo mi ha catturato, ancora prima di leggerlo, già dall’anteprima, come sempre, che mi ha convinta a sceglierlo.

Mi è piaciuto lo stile asciutto, dove ogni parola è scelta e spogliata da inutili orpelli, non c’è autoreferenzialità, tipica in alcuni esordienti. Ma Camurri padroneggia abilmente la narrazione, conduce e seduce con le sue parole. Incanta.

Ho amato “A misura d’uomo” e non lo avrei lasciato andare se non fosse finito. Lo avrei divorato ancora e ancora…

Estratto:

Erano andati al mare il giorno dopo aver fatto l’amore per la prima volta. Lei sapeva di una festa con musica fino all’alba, voleva andare a ballare, le sue amiche avevano scosso la testa ed erano rimaste tutte nel solito bar, con la solita gente.

Non era stata una di quelle cose che succedono per magia o perché senti scattare la scintilla, si erano trovati tutti e due fuori, nel parcheggio, illuminati dall’insegna azzurrina che lampeggiava, e si erano guardati; lei gli aveva detto ciao e lui era rimasto un attimo fermo sotto quel cielo vuoto di stelle, poi aveva risposto: ti accompagno a casa?

Davide non ricordava di cosa avessero parlato lungo le strade deserte di quella notte, non ricordava i suoni o gli odori, non ricordava se avessero incontrato qualcuno, ricordava però il sorriso di Anela davanti al portone del suo condominio, il suono della sua voce quando gli aveva chiesto, vuoi salire?

Aveva un copridivano a motivi etnici, qualcosa che ricordava l’Africa, una vecchia televisione a tubo catodico coperta di rivoli di cera secca. C’erano le finestre aperte, una parvenza di vento che entrava, un sottile profumo di dolce, come se qualcuno avesse appena cotto una torta, non c’era un forno, c’erano i piatti sporchi nel lavandino.

Scusa, aveva detto lei, se sapevo che salivi li avrei lavati.

Figurati, aveva risposto lui sedendosi sul divano e spostando i cuscini da dietro la schiena