Il canto del ghiaccio – di Camillo Bignotti (Macchione editore)

Il canto del ghiaccio

di Camillo Bignotti

Macchione Editore

Dal sito dell’editore

Ghiaccio, sangue, bellezza e miseria. Sono i cardini intorno ai quali si regge e si dipana la nuova opera di Camillo Bignotti.

Pietro è un giovane ragazzo cresciuto tra Bedero Valcuvia e Ganna. Una vita allegra e spensierata fino allo scoppio della Grande Guerra, l’arrivo dei soldati in Valganna e in Valcuvia, la chiamata alle armi del padre e il suo arruolamento volontario tra gli operai addetti alla costruzione di una linea difensiva fortificata. Spostatosi il fronte di guerra sul confine orientale, Pietro e gli altri operai vengono trasferiti. Lì sul Grappa, Pietro si ammala gravemente e, in preda a una forte febbre, ricorda i giorni di duro lavoro sul Monte Piambello dove si era imbattuto prima nella piccola chiesetta di Campobella e poi negli occhi profondi e azzurri di una giovane ragazza, innamorandosi perdutamente di entrambe. I ricordi di Pietro si accavallano tra il duro lavoro alle trincee, qualche fugace visita alla chiesetta e gli incontri furtivi con la giovane che, discendente del costruttore di quel piccolo monumento, gli racconta tutto quello che sa sulla chiesa e sulla sua storia.

Recensione

Pietro è nato il 14 aprile del 1900, una data storica.

Cresce in provincia di Varese, assiste ai mutamenti di quel periodo: la ferrovia, i vacanzieri che da Milano iniziano ad andare sul lago d’inverno per pattinare, i soldati che confiscano terreni per costruire barriere contro il futuro invasore che attaccherà attraversando la Svizzera. E, ovviamente, lo scoppio della Grande Guerra.

Suo padre è richiamato alle armi, deve partire per combattere e lui, ancora troppo piccolo, resta a casa con sua madre, la Lena. Donna minuta e forte, non resiste alla partenza del marito, il Tögn, e si richiude in se stessa, sotto strati di scialli, a guardare fuori dalla finestra, in attesa di vederlo svoltare l’angolo.

Quando poi anche il figlio le comunica che parte, per scavare trincee, allora il cuore le si spezza.

Era rimasta immobile con lo sguardo fisso a quell’angolo di strada. Ma non vedeva più né l’angolo, né l’acciottolato, né la casa. Le lacrime le avevano affogato gli occhi, e nel tentativo di mantenere una dignità che sapeva di aver perso esattamen te dal giorno della partenza del marito, era rimasta ferma. Incapace di proferir parola e ferita al cuore più di quanto non pensava si potesse sopportare. Pietro le si era avvicinato per abbracciarla, ma la Lena, decisa a ricominciare a combattere, si era alzata in piedi di scatto, aveva recuperato due ciocchi di legno che il Tögn aveva ordinatamente accatastato prima di andarsene, riacceso il fuoco ormai spento da tempo e riempito il bricco per il caffè.

“Non vorrai certo partire senza aver prima bevuto un buon caffè

di ghiande bollente!” gli aveva detto con gli occhi ancora lucidi.

Pietro le aveva sorriso e l’aveva finalmente stretta forte.

Del Tögn, che temeva solo la moglie e nessun altro, Bignotti ci dice che mentre correva per salvarsi, dopo la disfatta di Caporetto:

Piangeva il Tögn, come un bambino, anzi no, come un uomo. Perché quando un uomo di montagna come era il Tögn, cresciuto faticando nei boschi, abituato a combattere e a soffrire per portare la pagnotta a casa, piange, non è certo paragonabile al pianto di un bambino. Sono lacrime che sgorgano dall’anima, che la asciugano.

Pietro va, lavora, e fa due incontri che lo segnano: il primo è una chiesetta, che lo affascina e lo incuriosisce. Tornerà a vederla di nascosto, cercando di scoprirne la storia.

L’altra è Nina, che lo ammalia con i suoi occhi azzurri. Lei saprà soddisfare la sua curiosità, poiché di quella chiesetta e della sua storia le raccontava sempre il nonno.

Bignotti ci porta in un tempo lontano, giocando con flashback e ritorno al presente della storia. Arricchisce il libro con foto d’epoca e più recenti.

Un libro dolce amaro, in cui la Guerra entra prepotentemente nella vita delle persone e la sconvolge. Un libro dove il futuro non è come ce lo si è prospettato, dove non importa quante regole e indicazioni d’uso si predispongano, alla fine le cose seguono il proprio corso e nessuno può definire ciò che sarà.

Un libro infine, come scrive Massimo Rovati

dove la padronanza del mezzo espressivo linguistico, senza scadere nel tecnicismo fine a se stesso, si fa notare dall’inizio al bellissimo, sognante epilogo.

Daniela