Con le mani cariche di rose – di Michele Caccamo (Elliot)

Con le mani cariche di rose

di Michele Caccamo

Elliot Edizioni

Dal sito dell’editore

Londra 1908. Una giovane donna si distende su un divano con un mazzo di violette e una coppa di laudano tra le mani; si lascia condurre da una voce guida. Le danzano intorno i suoi amori spezzati: Violet, Hélène, Kérimé, Natalie. La donna è Renée Vivien, al secolo Pauline Tarn, una delle poetesse più raffinate e trasgressive tra la fine dell’Ottocento e i primi del Novecento. Pagò la sua omosessualità e il suo anticonformismo con la messa al bando da parte della società borghese del tempo. Con le mani cariche di rose è un libro sull’amore, assoluto, universale; è l’omaggio a una donna libera e geniale, la cui figura merita un seppur tardivo riconoscimento.

Recensione

Ho iniziato a leggere questo libro e subito, dalle prime pagine, ho pensato che non c’era molta differenza tra la prosa di Caccamo e delle poesie. Del resto lui è un poeta; la sonorità, l’armonia, la cadenza, la dolcezza delle parole, la loro musicalità, forse, gli vengono ormai spontanee, anche quando scrive in prosa. Questo è stato il primo aspetto a colpirmi.

Poi la sua capacità di restare lieve, senza tradire il messaggio.

Pauline perde il padre a otto anni: un padre amato, venerato. Si sente sola senza di lui. E si ritrova a vivere con una madre che, invece, disprezza. Una madre che cerca un altro uomo con cui stare. Pauline non comprende la sua necessità di sentirsi amata, il suo bisogno di vivere grazie a un uomo, tanto più che il nuovo compagno non le piace. E lei finisce in collegio.

Qui conosce Violet, con cui diventa amica carissima e di cui si innamora. Un amore immaturo, acerbo, che non sanno come vivere e che viene ostacolato appena scoperto.

Caccamo apre ogni capitolo con un preludio, una voce fuori campo che si rivolge direttamente a Pauline con domande, osservazioni, commenti, suggerimenti.

“Sei decadente e malinconica, Pauline. Non riesci a far fuori la tua tristezza. Rimani aggrappata al ricordo, al dolore. E credi che nulla debba cambiare. Quando tuo padre vi ha lasciate, sei arrivata a condannare le lacrime di tua madre. Il tuo dolore è diventato liquido e invadente, lo hai ritenuto unico e inarrivabile. È tua madre l’obiettivo: vorresti morisse in ogni parte del corpo, la odi perché ancora desidera di essere amata. Sei goffa, Pauline, come puoi pretendere di essere tu a condannarla?”.

Pauline verrà allontanata da Violet e incontrerà altre donne di cui si innamorerà; ogni volta sembra un amore totale e totalizzante. Appaiono quasi come un’ossessione. Quello che traspare dalle parole di Caccamo è l’impossibilità per Pauline di vivere serenamente l’amore. Il suo pensiero è fisso, le accuse alla compagna di turno più o meno esplicite, la gelosia costante. Quasi tutte le donne da lei amate avevano amanti, uomini o donne, e questo Pauline fatica ad accettarlo, anche se lei stessa ha più amanti contemporaneamente. Vorrebbe un amore esclusivo, in un periodo storico in cui non era accettata l’omosessualità, in cui la società ti condannava e ostracizzava.

Avrai il coraggio di andare contro tutto e tutti? Avrai la forza di essere te stessa, accattivante, affascinante? Guardati e cerca di capirlo, Pauline, sei già dentro una tempesta.

Non comprende Pauline la necessità di alcune donne di unirsi a un uomo, del resto lei gli uomini li disprezza, non li stima. Sogna di un amore che la salvi, che la liberi, di un amore libero e puro.

“Che stupidità, la vostra, l’unico scopo di una donna sarebbe quello di amare un uomo: la poveretta! Ecco il destino che voi vorreste per me. Siete un mio amico o un mio nemico?”.

Vorrebbe essere libera, Pauline, ma come fare?

“Di più, Pauline! Di più. Spingiti sempre più avanti, contesta protesta distruggi. Fallo immediatamente. La tua necessità è quella di farti sentire. Non essere mai patetica ma, al contrario, vigorosa. L’amore, Pauline, ti farà soffrire, dovrai abituarti alle delusioni. L’amore è una chiamata tragica. Quando lo incontrerai trattalo con la delicatezza nelle mani e la sensualità della contemplazione. Cer ca di essere eccentrica e travolgente. Alcuni ti crederanno pazza, anormale, disumana. Non ascoltarli, fagli capire quanto sei viva”.

La sensazione che si ha, leggendo questo libro, è che Pauline insegua di continuo l’amore, ma un amore tragico, incapace di vivere serenamente il sentimento.

Viaggia, vivi, scrivi racconti e poesie. Danza. Fallo senza preoccuparti per chi lo fai, perché lo fai”.

Vive di amore, per l’amore e per delusioni d’amore muore. Incapace di reagire, di accettare l’abbandono, la fine di una storia, si lascia andare. Appare come un’eroina romantica, una di quelle, però, che sprecano il proprio talento all’inseguimento di un ideale irraggiungibile. O forse il suo talento è tale proprio perché alimentato da questo ideale irraggiungibile? Difficile dirlo. Certo è che, leggendo queste pagine, si sente il dolore, la ricerca continua di qualcosa di fuggevole, di inafferrabile, forse inesistente. Come la poesia, che evoca la realtà, così mi sono apparsi i suoi amori. E deve essere stata una valigia pesante, quella piena di ricordi che si è trascinata per tutto il tempo della sua breve vita, una valigia da cui non ha tolto nulla, nemmeno il minimo ricordo degli amori passati. Li ha custoditi con gelosia, attaccamento, ci si è aggrappata come se fossero la sua salvezza.

Morta a poco più di 30 anni, consumata dalla vita e dalle delusioni. Sola, emarginata, alla ricerca della felicità, animo tormentato.

Ecco la notte: vado a seppellire i miei morti, i sogni, i desideri, i dolori, i rimorsi, tutto il passato. Vado a seppellire i miei morti.

Daniela

Ringraziamo l’ufficio stampa @Angelozzi Altra Comunicazione per la copia omaggio