“Fermare il vento con le mani” di Anna Maria Di Michele (Carabba)

Fermare il vento con le mani è il romanzo di esordio di Annamaria Di Michele pubblicato dalla casa editrice Carabba nel 2022. In questo romanzo convergono il genere storico e romance, in maniera armonica ed equilibrata. Ringraziamo l’autrice per la copia cartacea ricevuta in omaggio.

Cos’è “Fermare il vento con le mani”

Quattro storie convergono nel borgo di Pescara e i paesaggi della Majella tra il 1850 e il 1910. Si tratta di Dora e suo marito Gaetano, il pastore Sabatino e il brigante pentito Armidoro. Tramite loro conosciamo diversi spaccati dell’area: il fiume Pescara, il Bagno penale con i suoi detenuti che rischiano di annegare a ogni piena. Scopriamo le zone interne dell’Abruzzo di allora, con le coltivazioni di mais e tabacchi, gli uliveti e i vigneti, su fino agli eremi della Majella.

“Ormai erano in vista della Fortezza di Pescara, quella specie di grosso ragno che, abbarbicato alla terra piatta e sabbiosa, teneva insieme le due rive del fiume che spaccava la città”

Al centro della trama c’è il rapporto fra Dora e Gaetano. Dora ha due caratteristiche che non possono essere perdonate dalla sua epoca: è vistosamente bella ed è intelligente. Perciò è attenta ai suoi sentimenti e sa che le richieste coniugali del marito, che sfociano in sgraziate imposizioni, sono ingiuste. Il suo corpo è costantemente impegnato, ma il suo cuore viene lasciato libero. E ci sono un paio di uomini gentili e umili che sono interessati a lei…

Punti di forza

La narrazione è molto articolata e precisa, eppure non l’ho trovata mai pedante. Sicuramente conoscere i luoghi descritti ha favorito il mio alto coinvolgimento, ma il libro è in generale suadente ed efficace.

L’intreccio ha il sapore moderno della riflessione sul rapporto tra uomo e donna, trattata con molta onestà. Ci viene mostrato sia il punto di vista di lei, ferita nella dignità e incompleta nei sentimenti, sia il punto di vista di lui, impregnato delle convinzioni del tempo e concentrato su un amore fatto di cose.

“Gli oleandri hanno insieme fiori e veleno, si disse. (…) E sanno pure piegarsi al vento senza farsi spezzare. La vita dunque è la città degli oleandri?”

Quello preso in esame è un periodo decisivo per la storia d’Italia e, in particolare, mi sembra sia difficile trovare un focus regionale, come per esempio sull’Abruzzo. Grazie alle ricerche accurate dell’autrice, tramite i personaggi ci è permesso entrare in luoghi che non esistono più, come la piazzaforte che per più di tre secoli ha racchiuso i borghi di Pescara e Castellamare, prima di venire abbattuta in seguito all’Unità d’Italia. Un’occasione per me imperdibile.

Però, però, però…

L’autrice usa spesso degli scarti temporali per presentarci i personaggi in una situazione nuova e apparentemente inspiegabile, per accompagnare poi il lettore nello sviluppo degli eventi che hanno portato fin lì. Questa è una tecnica molto moderna ed efficace, ma nell’economia del libro capita che anticipi anche alcuni passaggi chiave che meriterebbero forse di essere sviluppati in ordine cronologico, per permettere al lettore di gustarne la tensione emotiva.

“Le donne sono il filo e resistono anche se i punti sono fatti male, pensò. Forse, tranne poche fortunate, tutte sanno accontentarsi di quello che la vita offre: punti precisi e punti sghembi.”

Dal mio personale punto di vista, però, l’ambientazione è così potente e suggestiva che le poche perplessità, strutturali o formali, che il lettore potrebbe incontrare, vengono spazzate via dagli odori, le immagini, l’introspezione dei personaggi di fronte al vento del cambiamento, che è impossibile da fermare. Un cambiamento che investe sia gli animi sia un’intera città, e che trova il suo picco dolceamaro – colorato e velenoso insieme, come un oleandro – nella scena finale.

Cristina Mosca

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