Fulgore della notte – di Omar Viel (Adiaphora)

Fulgore della notte
di Omar Viel
Adiaphora Edizioni

Dal sito dell’editore

Gordon Wilson non si sarebbe dovuto trovare in quella casa. Inebriato dal fascino di una giovane sconosciuta, così simile a sua moglie Una, dà inavvertitamente vita a un incendio e, dalle fiamme, scivola nella realtà la sinuosa figura di una tigre. Gordon fugge, lasciando la propria famiglia disorientata. 
È un passaggio di testimone, quello con la figlia Liz, che da Bristol si reca a Londra alla ricerca del padre, per scoprire infine antichi prodigi e svelare i misteri degli Wilson. Passato e presente si intrecciano nella simbologia della specularità. Un viaggio fatto di incontri bizzarri con personaggi eterei, in equilibrio tra il mondo del visibile e quello dell’invisibile, tra l’universo tangibile e quello dell’immaginazione.
Un cammino esistenziale, fisico, letterario, con incursioni nel poetico.
Un romanzo composito nel quale si innesta un generoso tributo al Romanticismo inglese, che invita a lasciar andare gli ormeggi della ragione per abbandonarsi al dominio del possibile.

Recensione

La prima cosa che si vede di un libro è la copertina e questa, con una ragazza il cui viso è sfocato, apparentemente ci dice ben poco sul romanzo. Eppure non poteva esserci immagine più azzeccata per trasmettere visivamente ciò che le parole dell’autore mi hanno trasmesso.

Il libro sembra sospeso in una dimensione senza tempo. La storia si svolge ai nostri giorni o in un’epoca lontana, in cui ciò che noi chiamiamo magia era reale. I protagonisti hanno questa allure molto british e molto tranquilla, sembrano usciti da una quadro di fino Ottocento. Camminano leggeri da una pagina all’altra, sfiorando a mala pena il terreno che calpestano. Sono figure evanescenti. Quando ti sembra di averli inquadrati, afferrati, eccoli che scivolano via, si voltano e con un sorriso ti invitano a seguirli. E poi continuano la loro corsa nell’erba alta, senza guardarsi indietro, certi che tu li stia seguendo, perché non hai scelta.

L’inizio è ingannevole: sembra quasi una storia normale, con qualche eccentricità, ma non fermatevi alle apparenze! Non saprei definirlo: all’inizio pensavo al realismo magico, poi a qualcosa di onirico, ma questo libro non è definibile, non può essere inserito in nessuna categoria, così come la storia che racconta.

Cosa è realtà e che cosa è fantasia? Siamo certi di saperli distinguere? E siamo sicuri di saper vedere?

La resistenza a immaginare è una rinuncia a vedere.

Credo che il senso del libro stia in questa frase, ma bisogna leggerlo per capire che cosa intende l’autore, perché le immagini che evoca, valgono più di mille parole.

Abbiamo visto anche troppo, hai detto, e arretrando di un passo, mi hai riportato indietro, nella nostra camera.

Ti ho chiesto come fosse possibile.

Con un po’ di imbarazzo hai risposto che mi sbagliavo, che in realtà non era possibile.

E allora cos’è? Ho insistito. Avrà pure un nome.

Mi hai posato una mano sulla guancia e hai detto: Che sciocchezza, Gordon, è naturale che non abbia un nome. Queste cose non si possono chiamare, questi eventi non si rinchiudono in un suono.

Potrei tentare di descrivere la trama, certa che ciò che ho letto io non sarà lo stesso che leggeranno gli altri, perché è questa la natura del libro: cangiante, mutevole, inafferrabile, indefinibile. Ognuno trova ciò che è pronto a trovare, e afferra ciò che meglio comprende e che gli risuona dentro.

Daniela