“La Felicità degli Altri” di Carmen Pellegrino (La Nave di Teseo)

“La Felicità degli Altri” di Carmen Pellegrino (La Nave di Teseo)

Carmen Pellegrino ha la poesia nelle parole. Ogni sua frase, ogni pensiero è ricco di passione, di luoghi, di tempi andati.

Ho imparato ad amarne la scrittura già dal suo primo romanzo, l’adorato “Cade la Terra”, e dopo circa cinque anni confermo il giudizio: Carmen Pellegrino è una autrice imperdibile, di lei si sentirà parlare a lungo, bisognerebbe leggerla nelle scuole, studiarne la penna, perfino.

Giovanissima, eppure senza tempo, la sua lingua è subito riconoscibile e sospende la dimensione terrena durante la lettura. Accostamenti di parole ad aggettivi impensabili eppure giustissimi, Carmen Pellegrino incide ogni pagina con scrittura affilata e chirurgica, precisa.

Nasce storica e “abbandonologa” ma sarebbe riduttivo: nei suoi romanzi c’è la mappa delle nostre terre, e di più, anche dell’animo umano.

Questa storia, che ci consegna in punta di piedi urla forte la ricerca delle origini, il passato che torna prepotente, le radici e la famiglia che in ogni scelta, in ogni parola riaffiorano e feriscono.

Cloe vaga per le strade di Venezia, sottobraccio al suo professore di Estetica, uniti da una silenziosa affinità elettiva, e ad ogni passo, ricorda quel passato di cui non può liberarsi.

Così ritorna con la mente a quei giorni trascorsi con il Generale nella casa dei timidi di Madame, a Beatrice che l’ha lanciata fuori dal treno, al fratello Emanuel, un matrimonio sbagliato e tante vite in una…

Un romanzo candidato al premio Strega 2021, proposto da Alessandra Tedesco con questa motivazione:

«Un romanzo sull’infanzia negata, sulle ombre che ci camminano accanto, sulla voglia di essere riconosciuti e amati. Con una scrittura elegante e raffinata, con riferimenti alla cultura dell’antica Grecia, al mito e alla religione, Carmen Pellegrino racconta la storia di Cloe, una donna che deve fare i conti con l’abbandono dopo essere cresciuta in una casa-famiglia.

Ma deve anche fare i conti con la rabbia verso la madre (responsabile, ai suoi occhi, di tutta la sofferenza) e con il senso di colpa verso il fratellino scomparso da piccolo. Come dice la stessa voce narrante, è la storia di un’anastilosi, di un restauro di sé a partire dalle macerie seminate nel corso dell’esistenza.

Raccontare il dolore dei bambini è tema delicato, si potrebbe cedere a una narrazione cupa e straziante e, invece, Carmen Pellegrino ha avuto la sapienza di agire per sottrazione dando vita a una storia in cui i “non detti” pesano più degli eventi narrati.»

Incipit

“Sono nata in una casa infestata dai fantasmi. Allampanati, tignosi fantasmi da cui non si poteva fuggire. A quel tempo vivevamo nella parte ovest di un villaggio che aveva case tutte uguali, tutte al pianoterra, prima che si elevassero. Mio fratello e io speravamo che le case degli altri fossero infestate quanto la nostra. A dieci anni fui allontanata dal villaggio per pura crudeltà, ma i fantasmi non rimasero a casa.”

Dal sito dell’Editore:

Cloe è una donna che ha imparato a parlare con le ombre. Un’anima in ascolto, alla ricerca di una voce che la riporti al luogo accidentato della sua origine, al trauma antico di quando, bambina, cercava di farsi amare da chi l’aveva messa al mondo. Nel suo cammino costellato di fragorosi insuccessi e improvvisi passi avanti, Cloe attraversa città, cambia case, assume nuove identità, accompagnata da voci, ricordi, personaggi sfuggenti: Emanuel, il fratello amatissimo; il professor T., docente di Estetica dell’ombra; Madame e il Generale, guardiani della Casa dei timidi, dove la donna era stata accolta a dieci anni. Cloe è uno sguardo che cerca attenzione e verità, il suo viaggio coraggioso è il racconto di un amore e di una speranza che non si spengono, anche quando dentro e fuori di noi non c’è che rovina.

De “La felicità degli altri” parliamo anche qui.