“L’acqua del lago non è mai dolce” di Giulia Caminito (Bompiani)

acqua-lago-mai-dolce-copertina
“L’acqua del lago non è mai dolce”
di Giulia Caminito
(Bompiani 2021)

Tra i libri presentati al Premio Strega 2021 c’è “L’acqua del lago non è mai dolce” (Bompiani 2021) di Giulia Caminito, proposto da Giuseppe Montesano.

È un romanzo scritto in prima persona, in cui l’io narrante percorre la sua vita usando il presente semplice, perché tutto accade adesso, nella mente di chi ricorda.

Quella della protagonista, una ragazza dai capelli rossi come l’autrice, è una crescita difficile, perché la vita non è stata generosa con lei e l’ha messa ai margini. Gli ostacoli non fanno altro che accrescere la sua rabbia. Ha un padre sulla sedia a rotelle che si lascia andare, una condizione economica disagiata e interamente sulle spalle della madre e infine un carattere contradditorio, che spazia dall’anaffettività all’aggressività. Lei, com’è giusto per una bambina che poi diventa ragazza e poi giovane laureata, desidera solo poter essere come tutti, non restare indietro e anzi superarli.

Punti di forza de “L’acqua del lago non è mai dolce”

La scrittura di Giulia Caminito è forte, polisemica, sanguinante. Mentre la leggiamo è impossibile non ricordarci com’era essere adolescente, perché ci troviamo trasformati nella stessa gommapiuma e tutto torna a inciderci.

“C’è chi ha l’equilibrio per star su un piede solo al modo dei fenicotteri, chi quando balla ha ritmo e sente il tempo della batteria, chi per addizionare e sottrarre non ha bisogno di foglio o calcolatrice e poi ci sono io che so sparare e ho le gambe ruvide e la felpa larga e la testa vuota di un futuro che non conosco”

Nel libro sembrano muoversi relazioni, più che personaggi: con le amiche, con le nemiche, con i ragazzi. Di tutte, la figura della madre della protagonista è quella che più mi ha colpita. È ingombrante, invasiva, fortemente caratterizzata. Riempie tutti gli spazi per istinto di protezione, per eccesso di controllo e perché la vita l’ha forgiata così. Ognuno dei suoi quattro figli le reagisce in maniera diversa. È una madre che non lascia scampo e chi la subisce soffre il pensiero di poter non reggere mai il confronto.

Però, però, però…

Come scegliere il finale “giusto” per un vortice di accadimenti come quello che viene proposto ne “L’acqua del lago non è mai dolce”? La protagonista di una storia come questa meriterà di conoscere il riscatto morale e sociale o sarà destinata ad affondare, inesorabilmente, secondo un immobilismo che ricorda quello di James Joyce in “Gente di Dublino”?

Si giunge alla fine del romanzo piacevolmente ubriachi per l’uso della lingua italiana così esatto, sfaccettato, intenso. Qualsiasi perplessità sul finale scelto passa, perciò, in secondo piano e rimane l’unico, debole “però” che si potrebbe opporre a questo libro.

“Quanto più lo ripeti – ti amo – più si consuma, è cera che scende a gocce e moccola, sporca a terra”

Uno dei motivi per leggere presto “L’acqua del lago non è mai dolce” è nella bellezza dello stile. La narrazione è condotta in maniera incalzante, concentrica, intima come un flusso di coscienza ma con più respiro. Consigliatissimo agli adolescenti e ai loro genitori.

Cristina Mosca