“L’ammazzatoio” di Émile Zola

Appena finito di leggere “L’ammazzatoio” mi sono chiesta: perché uno non passa tutta la vita a leggere Émile Zola? 

Pubblicato nel 1876 come romanzo di appendice, “L’Assommoir” (titolo originale) rese Zola lo scrittore più letto e discusso di Francia per quel linguaggio crudo, quella potenza nel descrivere fedelmente la realtà e quella mancanza di peli sulla lingua che ha fatto di lui un esponente di spicco del Naturalismo francese. Nonostante fosse stato accusato di oscenità, il successo fu enorme: trentotto ristampe solo nel 1877, altre dodici l’anno seguente. Era iniziata l’era dei bestseller.

“Ma le persone perbene alzavano le spalle: era una vecchia storia, quella di mettere le sbronze all’Assommoir sul conto della tragedia, che, oltretutto, si sarebbe dovuta chiamare una tragedia in bottiglia”

I personaggi de “L’ammazzatoio” sono parigini volenterosi ma poveri. Abitano nel quartiere Goutte d’or, si muovono tra Boulevard Rochechouart e rue des Poissonniers. Al centro della narrazione ci sono Gervaise, una lavandaia che riesce a mettere su una stireria ma viene travolta dalla degenerazione generale; il padre di due dei suoi tre figli, un cappellaio; e suo marito zincatore. Li seguiamo per venti anni buoni e ne impariamo a conoscere ambizioni, debolezze, sogni, vizi. Vizi, soprattutto i vizi: perché il mondo proletario ai tempi di Napoleone III trovava nel letto e nell’alcool la condanna e il sollievo. 

Di fatto, leggere questo libro – nel mio caso una edizione Economica Newton del secolo scorso, ma attualmente in commercio grazie alla Economica Feltrinelli – è come guardare un film. Chi può sentirsi spaventato dalla lunghezza del romanzo può stare sicuro che metterci il naso dentro vuol dire contaminarsi. Vuol dire portarsi dietro gli odori, i volti, i crampi della fame. Sentire il mal di pancia dei personaggi al termine di un banchetto e  provare ripugnanza di fronte alla devastazione delle sbronze.

Vuol dire assistere impotenti a scene di violenza domestica in cui i deboli – le mogli, le bambine – cercano di resistere ma soccombono, muti e indifesi. Situazioni descritte in maniera così realistica che vorresti attraversare la pagina con un braccio e tirare fuori le vittime dai loro tuguri.

Ne “L’ammazzatoio” di Zola non troviamo buoni e cattivi. Quella tra le loro piccole vite e la realtà è una lotta talmente impari che i vincitori sono non tanto coloro che si adattano, quanto quelli che riescono a non venire travolti dalla corrente. Troviamo personaggi darwiniani che si salvano senza evolvere: il premio è non soccombere al sistema. 

Noi, impotenti, leggiamo dell’alto tasso di disoccupazione, aggravato dalla diffusa scarsa educazione, condividiamo lo sgomento di fronte alla lascivia e alla fragilità di questi personaggi e ci accorgiamo che il loro male è il nostro stesso male. Riconosciamo la vertigine della caduta tra i debiti, compatiamo la genuinità di Gervaise e assistiamo al suo disfacimento come se i prossimi fossimo noi. E ci troviamo a fare il tifo auspicando un sollevamento dalle condizioni infime, un riscatto.

L’autore

Émile Zola è nato e morto in Francia (1840-1902) e ha improntato la sua vita alla sperimentazione. È stato uno degli esponenti di spicco del Naturalismo francese con il ciclo dei Rougon-Macquart, venti libri pubblicati uno dietro l’altro tra il 1871 e il 1893 che tracciavano un quadro realistico della società francese, senza risparmiarsi descrizioni oggettive e crude anche dei costumi sessuali. Era uno scrittore amato e odiato. Fu chiamato pornografo e vide molte relazioni troncarsi a causa di quello che raccontava e come lo raccontava. Si dice che la sua morte, avvenuta per avvelenamento per monossido di carbonio, sia stata provocata da un gruppo di nazionalisti. 

Cristina Mosca

3 Risposte a ““L’ammazzatoio” di Émile Zola”

  1. Ciao! Ho Nana che languisce sullo scaffale da qualche tempo. Non l’ho ancora letto, nemmeno questo ne conoscevo la sua esistenza, ma penso dovrei colmare al più presto questa lacuna 🤗🤗

    1. Ciao Gresi,

      dobbiamo ringraziare Cristina che si dica alla rubrica #classico! Ci fa scoprire ( o ri-scoprire) piccole e grandi perle!

    2. Ciao Gresi! Mi hanno detto che Nanà è molto bello e sicuramente lo leggerò perché è il seguito di questo! Zola si mise in mente di fare una saga famigliare lunghissima… In “L’ammazzatoio” conosciamo la figlia di un personaggio di un libro precedente e conosciamo Nanà dalla nascita fino all’adolescenza!

      Grazie a Chilidilibri per avermi accolta con questa finestra sui classici!

      Cristina M.

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