L’uomo nel fango – di Livio Milanesio (Autori Riuniti)

copertina l'uomo nel fango
“L’uomo nel fango”, Livio Milanesio,
Autori Riuniti 2019

Nel 2019 la casa editrice Autori Riuniti, che ringraziamo per la collaborazione, ha dato vita alla collana “I bugiardini”. Si tratta di libricini che stanno in una mano, dalla curiosa caratteristica di essere non solo brevi, leggibili in mezz’ora (il tempo di una puntata della vostra serie preferita), ma anche di avere le pagine numerate come un conto alla rovescia, a partire da -45.

Questo conto alla rovescia dà una solennità particolare al tutto, confermata, in particolare nell’ultimo nato in ordine cronologico, dal tono della narrazione. Si tratta de “L’uomo nel fango” di Livio Milanesio, autore che ha esordito nel 2018 con “La verità che ricordavo” (Codice Edizioni), finalista del Premio Nazionale Neri Pozza.

I protagonisti di questo racconto sono Elvis e Fanni, un ragazzo di dieci anni e una donna dalla parentela descritta come non chiarissima (forse sono figlio e madre, forse fratello e sorella, forse due adottati, forse due disadattati) che vivono nel caseggiato B. Sopravvivono, in una resilienza che sa di rifugio, nella periferia di una grande città, pressoché soli in un contesto ambiguo, difficile, abbandonato. Dormono insieme, quasi nudi; non hanno acqua calda, ma basta saper fissare meglio la caldaia. Fanni si arrangia vendendo il suo corpo, Elvis vendendo pezzi usati e altri oggetti di dubbia provenienza.

Nel loro microcosmo arriva uno sconosciuto, non si sa da dove e non si sa perché. È impalato in mezzo al fango come in un film dell’orrore. Ma Elvis, che di orrori evidentemente ne ha visti ben altri, non si scompone e lo accoglie in casa.

Punto di forza.

La narrazione in medias res ci tiene incollati alla lettura. Riceviamo subito un descrizione degli ambienti con uno stile incisivo, chiaro, contemporaneo. Sappiamo che è ottobre e che piove. Riusciamo a visualizzare Elvis e lo seguiamo nei suoi spostamenti. Ci sentiamo spaesati come l’uomo coperto di fango, che capita, apparentemente indifeso, in questo equilibrio sconosciuto e incrostato di sotterfugi e precarietà.

Forse proprio per questo veniamo conquistati, grazie anche alla scrittura pulita, esatta e precisa e ai dialoghi puntuali.

Show, don’t tell dice la regola. Non è un caso se questo libricino può essere paragonato a una serie televisiva.

Però, però, però…

Questo libro è molto particolare. Sembra rimandare a un altrove non esplicitato, dimenticarsi di rispondere ad alcune domande, tirare una pietra e poi ritrarre la mano. Un lettore non preparato potrebbe addirittura innervosirsi, sentirsi abbandonato.

La mia idea è che se alcune relazioni sono poco chiare e se i perché e i percome sono delineati ma non sempre esplicitati fino in fondo è perché c’è un disegno perfettamente compiuto e intenzionale. Il patto narrativo si esprime in una sorta di puzzle del quale è l’autore a decidere l’architettura, ma è il lettore a doversi fare carico di completarla. “L’uomo nel fango” è pensato per chi accetta che una lettura vada oltre l’ultima pagina; per chi si mette in discussione e sa che, come anche Luigi Pirandello ci insegna, “la vita non conclude”.

Cristina Mosca