Scheletri nell’armadio
di Gero Mannella
«Scheletri nell’armadio ha la vis comica di un Frankenstein Junior, il surreale di un Clouseau amplificato e il paradossale dialettico di Totò»
Premio Solinas
Scheletri nell’armadio è un romanzo dai toni surreali, un giallo divertente e paradossale che ribalta ogni ordine naturale delle cose.
Tutto ha inizio quando Orazio, il protagonista, rientra a casa e sua moglie Jessica, donna esuberante con accessi di ninfomania, sta facendo sesso con un altro.
L’ “altro” deve nascondersi, come nella migliore delle tradizioni, nell’armadio ma in un susseguirsi di situazioni assurde, la storia, tingendosi di giallo, prende strade inaspettate. Tra il serio e il faceto Mannella ci regala un libro unico nel suo genere.
Recensione
Un libro divertente e surreale.
Jessica e Orazio, Daria e Valerio, Liberovici e Caposito.
Tre coppie in cerca di guai e stranezze.
Orazio è un artista incompreso, nessuno apprezza la sua arte: non la sua ragazza, non la polizia con cui collabora disegnando identikit alla Picasso, non la voce narrante né, di conseguenza, il lettore.
Voce narrante che non si limita a raccontare gli avvenimenti, ma che si diletta coi giochi di parole e che probabilmente in questa o in una vita precedente era entomologo; ci racconta le vicende dei protagonisti seguendo tafani, stercorari et similia.
Jessica chiude il suo amante nell’armadio e per sicurezza gira la chiave.
Il povero sfortunato, senza nome né identità, soffoca cercando di uscire, mentre la sua amante e il di lei marito dormono beati. Il morto verrà scoperto da Salvatore, di mestiere ricattatore. Ma si sa, i tempi sono grami, la crisi non accenna a finire, e lui, per arrotondare, si ritrova a fare il topo d’appartamenti. Con poca fortuna. Gli conveniva limitarsi al ricattatore o provare a riciclarsi in un altro ramo, ché col crimine non sembra andare d’accordo.
Penserà a risolvere la situazione Valerio, aspirante anatomopatologo, poco sveglio, a dire il vero. Più che risolverla, la complica, non senza humour.
Il libro si snoda tra gag, fraintendimenti, giochi di parole e note dell’autore. Tra corpi fatti a pezzi, opere d’arte che è meglio lasciar perdere e teste conservate in salotto in un vaso pieno di formaldeide, più per caso che per arguzia, l’ispettore Liberovici sbroglierà la matassa.
Di seguito riporto il testo citato dall’autore stesso. Lo ha scritto qualcun altro, ma Mannella a modo suo lo ricalca e si capisce da subito che ci troveremo davanti a non sense esilaranti.
La macchina esplode. Esce. Apre il cofano e controlla. Chiude
il cofano e torna dentro. Gira la chiave. La macchina
esplode. Esce e sbatte la portiera, disgustato. Prende a calci la
ruota. Si toglie la giacca e scivola sotto il telaio. Tossisce. Riscivola
fuori e si pulisce la camicia macchiata di grasso. Si rimette
la giacca. Entra. Gira la chiave. La macchina esplode in
un fuoco di artificio di lamiere, disintegrando finestre per interi
isolati. Esce e bestemmia. Chiama un carro attrezzi. Rimorchiano
la macchina fino a una stazione della Exxon. Il
meccanico entra e gira la chiave. La macchina esplode, distruggendo
la pompa della benzina. L’insegna rossoblu della
Exxon scoppia come un palloncino. Il meccanico esce. Ha
un’autobomba, dice. L’altro sgrana gli occhi. Questo lo so
già, risponde.
Mark Leyner, Mio cugino, il mio gastroenterologo
Daniela