Un amore – di Dino Buzzati

copertina "un amore" edizione 1964
“Un amore” Dino Buzzati,
edizioni Mondadori 1964
(Collezione narratori italiani)

L’architetto Antonio Dorigo ha 49 anni e ha una vita che scivola serena a Milano. Sono gli anni ’60, la legge Merlin ha chiuso le case di tolleranza ma è ancora possibile frequentarle, di nascosto: perciò Antonio va abitualmente nella “boutique” della signora Ermelina, dove viene offerto un vasto assortimento di donne piacevoli e spesso giovanissime. Anche minorenni.

Il rapporto con Antonio e le donne è impacciato e la casa di piacere è l’unico contatto che si riserva con loro. Un giorno accade l’incidente di percorso: conosce la Laide. Un nome che già di suo riporta a qualcosa di poco pulito, clandestino, quasi osceno, anche se è semplicemente il diminutivo di Adelaide. Fa la ballerina, o forse no. Vive con la sorella, ha una zia malata, o forse no. Laide è sfuggente, snob, opportunista; è un animaletto braccato, una foglia che si lascia spostare dal vento e non sa bene dove poggiarsi.

Antonio si innamora e qui inizia la sua rovina: per lui, infatti, amore significa certezza, ma anche gelosia. Significa possesso, che lui cerca di assicurarsi con il denaro. Ma come si può fermare qualcosa che scivola continuamente?

Punto di forza.

A novembre 2019 ho riletto “Un amore” di Dino Buzzati a distanza di circa venti anni grazie alla scelta del gruppo di lettura “Sulla traccia di Angela”, nato in seno all’Agenzia di promozione culturale “Biblioteca Di Giampaolo” di Pescara.

La prima volta mi avevano colpito la noia e il carattere di questa ragazza che non si sa bene cosa vada cercando. A volte sembra furba come una faina e altre volte torna bambina in cerca di una casa. Mi infastidirono il suo doppiogioco, la vita nascosta, la sua mancanza di trasparenza. Alla fine, dopotutto, mi rimase l’impronta di una bella storia scritta dal mio amato Buzzati.

“(…) e più le stavo dietro come un cagnolino e le baciavo i piedi, più lei me ne faceva di tutti i colori e io diventavo pazzo, così gli aveva raccontato l’amico ma assolutamente non ero capace di staccarmene senonché un giorno mi sono detto o oggi o mai più mica che lei me ne avesse fatta una peggio delle solite

Alla seconda lettura mi hanno colpito la grandissima capacità introspettiva e lo stile. In questo libro, infatti, la scrittura è diversa da tutti gli altri. Dopo il “Deserto dei tartari” (1940) e Premio Strega 1958 con i suoi “Sessanta racconti”, nel 1963 Dino Buzzati disorientò la critica e l’opinione pubblica con “Un amore”: abituati al Buzzati della scrittura metafisica e del bel garbo, si trovarono davanti a un uso frequente del monologo interiore – soprattutto nella prima parte – e ad alcune descrizioni talmente esplicite da sfiorare la letteratura erotica. Fosse stato mica una risposta italiana alla “Lolita” di Nabokov, arrivata in Italia pochi anni prima, nel 1959? Sicuramente il successo di “Lolità” aiutò a disinibire una parte della narrativa italiana.

…anzi quel giorno era così gentile ma io mi sono detto dài amico perché altrimenti ci rimetti gli annessi e connessi e allora di punto in bianco ho detto basta e quando lei ha telefonato ho detto

Però, però, però…

Se la sperimentazione stilistica e la profondità psicologica coinvolgono e innamorano, qualcuno può sentirsi disturbato dal tema. Non solo ci sono circa trent’anni di differenza fra i due personaggi che vanno a letto insieme, ma questo tipo di relazione è ancora più innaturale perché viene comprata. Antonio passa a Laide un tot al mese per assicurarsi la sua presenza. Nella sua mente tutto questo è wildianamente amorale: obbedisce a una sua legge tutta interiore e soggettiva alla ricerca del perseguimento del piacere per il piacere stesso (e mi piace ricordare che Dino Buzzati e Oscar Wilde sono nati nello stesso giorno). Ci pensa Laide, l’oggetto del desiderio, a porlo davanti alla morale, con sotterfugi, continui slalom e l’escamotage di umilarlo o tenerlo al suo posto in pubblico, chiamandolo “zio”.

…basta senza tante storie e lei naturalmente ha insistito per parecchi giorni, ha fatto anche due tre scene di lacrime ma io avevo detto basta”

Se consideriamo la matrice fortemente autobiografica che questo libro ha, capiamo che scriverlo non è stato un semplice esercizio di letteratura, anzi è costato dolore. Pochi anni prima, tra il 1958 e il 1959, anche Buzzati si era innamorato di una ballerina, molto più giovane di lui. Aveva letteralmente perso la testa. Quando lei ebbe una bambina, dovette pensarci la moglie di Buzzati a farle eseguire il test di paternità, per tranquillizzarlo e provargli che non era sua.

Il protagonista di “Un amore” è sulla soglia dei 50 anni, il suo autore sulla soglia dei 60 quando lo pubblica. È chiaro che il lento adagiarsi dei sensi, l’andare oltre la passione carnale e preferire il balsamo della presenza di una persona sia materia viva di entrambi gli uomini. Antonio sceglie di pagare la Laide anche solo per andare al cinema, o uscire a cena e parlare. Antonio vuole comprare una compagna, cerca una completezza e uno specchio, qualcosa che lo trascini via dal suo vissuto.

Cristina Mosca