“Venivamo tutte per mare” – Julie Otsuka (Bollati Boringhieri)

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“Venivamo tutte per mare” di Julie Otsuka, Bollati Boringhieri 2015

“Venivamo tutte per mare” (Bollati Boringhieri 2015) è un romanzo di Julie Otsuka, autrice giappo-americana, che ho letto perché lettura scelta come condivisa di marzo con il gruppo Facebook The Book Club Italia. Parla del fenomeno delle cosiddette “spose in fotografia”, che partivano dal Giappone per maritarsi con i loro connazionali emigrati in America. Con questo libro partecipiamo alla challenge di Viaggiare con i libri per il mese di marzo (un autore giapponese).

Cos’è “Venivamo tutte per mare”

Appena il libro inizia siamo negli anni Venti e siamo le donne giapponesi sulla nave per l’America, illuse da false informazioni sulla loro identità. La narrazione è in prima persona plurale. Attraverso diverse testimonianze viviamo le loro vite. Per esempio vediamo come, superato l’impatto iniziale, si sono adattate; qualcuna è morta, qualcuno ha perso figli, qualcun’altra si è accontentata, altre ancora hanno dato il meglio nonostante la scontentezza.

Sono donne solide, silenziose e dalla fronte corrugata quelle che Julie Otsuka ci mostra in queste pagine. E dopo questo patire, dopo questo sopportare, dopo questo esistere, cosa succede? Arriva la guerra, America e Giappone diventano nemici, chiunque abbia gli occhi a mandorla è visto con sospetto. Le famiglie giapponesi, dopo vent’anni di permanenza, se ne devono andare. E tutto torna come se non fossero mai esistite.

Punti di forza.

Il dolore, la sopportazione, l’assenza di scampo sono collettivi. In questo libro l’unione fa poco la forza, perché non può cambiare le cose: piuttosto amplifica il senso inossidabile di precarietà.

Le voci si inseguono, si accavallano, girano come su una roulette, in cui è il caso a stabilire dove si la pallina si fermerà.

Le donne sono lasciate ai loro destini, a ogni colpo di vento cadono quiete come fiori di ciliegio da un albero troppo debole.

Però, però, però…

Se si affronta la lettura di “Venivamo tutte per mare” non bisogna aspettarsi un romanzo, perché ci aspettano invece tanti microromanzi, racchiusi in poche, sferzanti parole. Se cercate una struttura classica non la troverete.

“Partorimmo sotto una quercia, d’estate, con una temperatura di 45 gradi. Partorimmo accanto alla stufa a legna nell’unica stanza della nostra baracca, nella notte più fredda dell’anno. Partorimmo su un’isola ventosa del delta, sei mesi dopo il nostro arrivo, e il neonato era minuscolo e trasparente e dopo tre giorni morì”

Le storie vengono riassunte in poche parole che rispecchiano tutta la loro tragicità; una tragicità su cui non c’è niente da aggiungere. Lo stile è pulito, vero, doloroso. Ascoltare tutte le storie è come assistere a un gioco di luci e ombre su una strada di campagna: ora c’è buio ora luce, ora c’è disperazione ora speranza.

Barattare un testo convenzionale con questo, corale, in cui tutte le protagoniste sono un’unica protagonista e respirano con ritmo sincopato, è un ottimo affare e vi consiglio di provare.

Cristina Mosca