Apri gli occhi – di Rita Lopez (Florestano)

“Apri gli occhi”,
di Rita Lopez,
Florestano edizioni 2019

Il massacro del Circeo, il rapimento di Aldo Moro, la morte di Pier Paolo Pasolini. Un Sud Italia che assisteva a un circolo sempre più vizioso: la violenza e la sua divulgazione. In “Apri gli occhi” di Rita Lopez (Floristano, 2019) le vicende personali di Anna si intrecciano con il presente della cronaca nera e vengono fissate in un album delle paure, che lei sfoglia per esorcizzare, Vuole riconoscere i pericoli, ricordarli, riuscire a muoversi in una realtà che si dà per assodata, mai cambiabile.

“Apri gli occhi! Non rispondere alle provocazioni. Non immischiarti in cose che non ti riguardano. Apri gli occhi! Assumi un’aria dimessa e fila dritto a casa”

Siamo a Bari, nel quartiere Libertà, negli anni ’70. Anna cresce in un ambiente che la spinge a temere i pericoli, soprattutto quelli a cui sono esposti le donne, e a rifuggirli. Parliamo di un retaggio sociale in cui l’uomo è sempre giustificato e la donna viene sempre giudicata colpevole, perchè, si sa, la paglia vicino al fuoco non può fare a meno di bruciare. Anna frequenta le scuole medie e durante un’estate conosce Rosy. Le si lega talmente tanto da lasciarci anche qualche perplessità sulla natura del suo affetto: ma presto la nostra curiosità passa in secondo piano, perché mentre leggiamo siamo affascinati anche noi da questa ragazza, così simile a una ninfa in termini di bellezza e innocenza. Al contrario di Anna, lei non ha paura del mondo, forse perché è così pulita che non gli appartiene completamente. Forse è per questo, che si legano: gli opposti si attraggono. Ma saranno destinate a gravitarsi intorno, restando fedeli alle loro convinzioni?

“Vogliono la parità e poi si lamentano se devono svegliarsi la mattina presto, per andare a lavorare! E stanno tutto il giorno fuori dalla casa. E tornano stanche, la sera. Che si credevano? Che era un gioco, era? ‘Na passeggiata? Ce lo volevo proprio chiedere: vi è piaciuta la parità? E mo’ stateve citt!”

Punti di forza.

La narrazione è in prima persona e in un primo momento crediamo in un romanzo autobiografico. Solamente quando la protagonista viene chiamata per nome iniziamo a vedere una distanza letteraria che ci conforta e ci spaventa insieme. A fine libro, per la forza di quello che racconta, il timore su questa distanza torna, insieme alla sensazione che il confine tra finzione e realtà sia sempre, in fondo, così sottile. Speriamo, insomma, che non si tratti di una storia vera.

Rita Lopez riesce ad affrontare la questione della violenza di genere senza sbrodolarsi in patetismi e in riflessioni fini a se stessi. Si limita a farci ascoltare le voci di paese attraverso le orecchie di Anna, ci fa incollare gli occhi al televisore quando vengono proposte le vicende di cronaca in quel modo scabro e senza scrupoli che conosciamo bene ancora oggi. Non riusciamo a fare a meno di riflettere su quanta responsabilità abbiano sempre avuto i media, quarant’anni fa come oggi, sulla divulgazione della violenza e quanta sulla sua prevenzione. Conoscere un pericolo aiuta a evitarlo; ma anche a produrlo.

Sono molto affascinanti le lezioni della professoressa di italiano Ludovici, che nella sistematicità dei suoi racconti di mitologia greca quasi ci insinua l’idea che questo libro possa essere una metafora mitologica esso stesso.

Di quale Dio malvagio dell’Olimpo avevi suscitato la gelosia? Saresti tornata quella di prima? O avresti fatto come la bella Euridice, quando decise che nessun sole mai, di nessuno giorno mai, sarebbe riuscito a scaldare ancora il suo cuore, dopo che la Morte gelida lo aveva tenuto tra le sue orride mani? Saresti tornata quella che eri?

Però però però…

Forse, a romanzo terminato, si rimane col desiderio di uno spessore maggiore ai personaggi. Mentre è molto realistica e forte la figura del fratello Saverio, così arroccato nella sua distanza tutta maschile e contemporaneamente così tenero nel cercare di dispensare il suo ruvido affetto, abbiamo figure femminili parallele (la sorella Enza e l’amica Paola, per esempio) abbastanza filiformi, più vissute attraverso l’immaginario della protagonista che dotate di carne e vita propria.

Un personaggio che ho trovato simbolico è la nonna, che può sembrare contraddittorio perché retrogrado in alcuni interventi e all’avanguardia in altri, ma che mi piace considerare un ponte fra il vecchio e il nuovo. La sua è una saggezza che sembra passare al setaccio quello che non si può cambiare (i mali della società) e quello che invece potrebbe essere cambiato con uno sforzo comune (la stigmatizzazione della donna nelle dinamiche famigliari).

“Proprio come una vecchia strega messicana, sicuramente già sapeva che dopo il primo bambino Enza ne avrebbe sfornato un altro, e poi un altro ancora. (…) Nonna forse già prevedeva che mia sorella sarebbe andata a fare le pulizie nelle case del quartiere Murat (…). Per questo nonna non rise”

“Apri gli occhi” è stato pubblicato nel 2018 dalla casa editrice romana L’erudita e riproposto nel 2019 da Florestano Edizioni, di Bari. Ho incontrato questo romanzo sulla mia strada perchè è stato scelto per il mese di gennaio 2020 dal gruppo di lettura “Il club del libro” che ha sede nella Libreria Primo Moroni di Pescara e che è guidato dall’autrice Maristella Lippolis, e lo consiglio specie a chi non ha vissuto sulla pelle l’Italia degli anni Settanta.

Cristina Mosca