Azzorre – di Cecilia Giampaoli (NEO)

“Azzorre”,
Cecilia Giampaoli,
NEO 2020

Azzorre”, Neo edizioni 2020

È uscito il 19 giugno 2020 “Azzorre”, il primo romanzo di Cecilia Maria Giampaoli, pubblicato dalla casa editrice abruzzese Neo. Classe 1982, nata a Urbino, l’autrice ha all’attivo il Premio Eccellenza Treccani Web, ricevuto nel 2015 con un racconto, e porta avanti con raffinatezza il blog Diari di un marinaio .

Abbiamo ricevuto in anteprima una copia cartacea del libro, grazie alla casa editrice e all’ufficio stampa Angelozzi Comunicazione. Il romanzo prende vita dal diario che Cecilia tiene durante un viaggio molto importante. Poco più che trentenne decide di andare a visitare l’isola di Santa Maria: è il luogo in cui suo padre ha perso la vita in un incidente aereo avvenuto nelle Azzorre quando lei aveva 6 anni.


“Non sono venuta per riportare in vita mio padre. (…) Nel male e nel bene, sarei diversa se non fosse successo. Non sarei io”


Perché questo viaggio? Perché Cecilia vuole fare i conti con il lutto e riuscire a trasformare il dolore in qualcos’altro. Perché vuole cercare un senso a quello che è capitato a lei come a un altro centinaio di persone nello stesso incidente. A lei come a milioni di persone che perdono qualcuno in maniera inconcepibile, per un errore umano o per una concatenazione di eventi talmente sfortunata da provare la teoria che nel libro viene chiamata del “Modello Formaggio Svizzero”: tanto improbabile quanto basse sono le possibilità che hanno i buchi del formaggio svizzero di coincidere per tutte le fette.

Punti di forza
Per prima colpisce la copertina. Lo sguardo dolcissimo e profondo di una bambina dai capelli corti fa pensare alla bravura dell’art director della Neo nello scovare un’immagine toccante. Quando si sfoglia il libro, però, si scopre che la bambina non è una bambina qualsiasi e che il mondo nascosto in fondo a questo sguardo devastante è il mondo dell’autrice stessa. Un’autrice che si consegna nuda al suo lettore, come nella foto che la ritrae insieme al padre pubblicata all’interno del libro; una donna che ha bisogno di riprendersi la sua purezza, che cerca forse una verità, che vuole certamente ricongiungersi. A sé stessa.


“Questa storia è un animale enorme e nero seduto senza grazia sulla vita di entrambi, uno zoccolo sulla mia infanzia, un ginocchio sulla sua giovinezza”


Nella sua ricerca, che nel romanzo è raccontata in prima persona e che dura settimane, Cecilia incontra molti isolani che sono più o meno collegati a quell’incidente. Mi è piaciuto molto come abbia scelto di pennellare e sfumare le loro storie, come siano state scelte sempre poche parole, e sempre quelle giuste, per descrivere le persone, gli incontri e i luoghi.


“Il passato è passato ma il presente, prima di scivolare indietro anche lui, determina ogni futuro possibile”


Però, però, però…
In questo libro non ho trovato nessun “però”. La storia personale di Cecilia è coraggiosa e unica, e allo stesso tempo è fragile e universale. Ci si può immergere senza entrare in apnea, si resta con la coperta “tirata fin sopra le orecchie” senza soffocare. Il suo stile pacato e malinconico, preciso nelle immagini e ricercato nelle parole, mi ha fatto pensare alla finalista del Premio Strega 2019 Nadia Terranova, che in “Addio fantasmi” compie un percorso simile, a un passo dallo sbriciolarsi. La raffinatezza e la ricercatezza di entrambe a mio parere non crea mai – e questo è importantissimo – una distanza con il lettore.


“Sono un’isola anch’io. Che vuoi che importi agli altri della mia storia?”

Leggendo “Azzorre” è possibile riconoscersi in un dolore individuale che è rimasto senza risposta e nella necessità di guardarlo in viso. Si possono scegliere strade convenzionali o riti intimi, si possono intraprendere viaggi o usare unguenti: quello che ognuno desidera è guarire. “Azzorre” culla questo desiderio con rispetto e dolcezza, senza mai cadere nel compatimento o nel vittimismo, e senza smettere di cercare, nel suo panorama di tristezza, quei germogli da difendere perché arrivino vivi a destinazione.

Cristina Mosca