BLOGTOUR: Yeruldelgger, La morte nomade – I personaggi

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Yeruldelgger – La morte nomade

di Ian Manook

Fazi editore

Buongiorno a tutti,

eccoci all’ultima tappa organizzata da Fazi Editore per l’uscita del terzo e ultimo capitolo di Yeruldelgger, di Ian Manook.

Di seguito vi riportiamo le tappe che ci hanno preceduto con i relativi link:

50/50 Thriller: presentazione ed estratto del romanzo 

Penna d’oro: 5 motivi per leggere il romanzo

Contorni di noir: recensione in anteprima

La bottega del Giallo: i luoghi del romanzo

Chi è Yeruldelgger: Thrillernord

E ora veniamo a noi! (la nostra recensione la trovate qui)

I personaggi

Vi presentiamo brevemente alcuni dei personaggi che compaiono nel libro.

Per primo parliamo di Yeruldegger, alias Delgger Khan, il poliziotto brusco e facile all’ira, ma con un forte senso di giustizia e di rispetto per le tradizioni. In questo capitolo si trova a dover accettare il fatto che il suo amato paese, la Mongolia, si stia trasformando, che le tradizioni nomadi stiano scomparendo e che società capeggiate da individui senza scrupoli stiano devastando un territorio selvaggio e non più puro. Yeruldegger si è ritirato nel cuore della steppa, in una yurta, per seguire un cammino interiore di pace e puruficazione dalle passioni che lo agitano. Ha preso le distanze fisiche da Solongo, la donna che ama e con cui condivide molto, per ritrovare se stesso, ma il crimine lo perseguita, e nel mezzo del nulla due donne risvegliano la sua carica sessuale, mentre altri risvegliano la sua rabbia.

Ecco come lo vede l’Africano:

“Sei un uomo vigoroso di cui la gente semplice ha timore. Inoltre sei un uomo buono e perciò sei rispettato. Ti porti dietro, tuo malgrado, la fama di poliziotto giustiziere che il potere ha punito e quella di monaco guerriero del Settimo Monastero che spaventa il potere. ”

E come lo vede Guerlei;

“Non sei una cattiva persona, Yeruldelgger, al contrario, però sei il più produttivo, il più creativo, il più prolifico fomentatore di casini che io conosca!”

Ed ecco quel che Yeruldelgger dice di se stesso:

“Non lo so, Guerlei, credimi. Me ne frego della loro rivolta così come me ne frego delle tue inchieste. Sono soltanto un vecchio ex poliziotto che cerca di ritrovare le proprie radici isolandosi in un ritiro spirituale, cazzo! Non è poi tanto difficile da capire, porco mondo schifoso!”

mongolia-yurte

 

Yeruldegger è un uomo d’altri tempi, rispetta le tradizioni, come devono essere arredate le yurte e i ruoli. Riconosce le persone a distanza e le tradizioni nomadi lo aiutano nel capire chi gli sta intorno, le motivazioni e molto altro. Un personaggio forte, che fatica a capire la direzione che sta prendendo il suo amato paese.

Yeruldelgger incassò di nuovo il colpo. Per la seconda volta in pochi minuti, la straniera faceva un ritratto del suo paese che non riconosceva ma che intuiva vero. Prima la sua steppa, che sarebbe soltanto la conseguenza della deriva dei continenti, e ora le sue montagne e le sue pianure, che conquistatori invisibili si spartivano spiandole dal cielo per sventrarle meglio.

Solongo: è la donna che Yeruldelgger ama, ricambiato. Condividono il forte senso di giustizia, l’amore per la Mongolia e per le tradizioni nomadi. La loro è un’intesa profonda, che resta viva e agisce anche a distanza. Anatomopatologo nella polizia di Ulan Bator, è la prima a vedere e analizzare i corpi martoriati di quattro uomini assassinati. Cederà alle minacce, ma ci vuole altro per farla desistere. Una donna forte, come quasi tutte quelle di questa saga, legata alla terra e ai valori.

“Ben presto non ci fu altro che l’amore di Solongo, barca arenata con la bassa marea di quegli oceani senza acqua.”

Guerlei: è la poliziotta che incontriamo sulla scena del crimine dei quattro assassinati. Inizialmente difficile da interpretare. Ha abbandonato parzialmente le tradizioni, ma lo spirito nomade e le conoscenze degli antenati, in qualche modo, le sono rimasti dentro. Anche lei ha un suo senso di giustizia ed è insofferente verso chi le fa perdere tempo. Costretta a non indagare, non si dà per vinta e trova il modo di aggirare l’ostacolo. Nel corso del libro impara a conoscere e apprezzare Yeruldelgger, e anche a sorprenderlo con risorse per lui inaspettate.  Non lo vuole tra i piedi, ma non può farci niente. Suo malgrado, è lui il centro di tutto e dove c’è lui, ci sono morti e problemi.

La signora con le Louboutin: per ora la definisco così, per non rivelare troppo a chi non ha letto il libro. È lei il Cattivo del libro. Per ottenere ciò che vuole, non esita a utilizzare tutte le armi a sua disposizione: sesso, soldi, violenza, minacce, contatti,… Sembra imprendibile e super protetta, tirata e sempre con le Louboutin ai piedi.

 

Fifty e Bekter: sono poliziotti anche loro e nemmeno loro mollano tanto facilmente. Bekter è il capo di Fifty, al secolo Meredith, invaghito di Solongo. Fifty è sempre sorridente, ma non per questo meno determinata. Ecco come ce la presenta Manook al suo ingresso in scena:

“Una ragazza sporse dalla porta socchiusa dell’ufficio una faccia tonda da allevatrice di yak in capo al mondo, sebbene fosse di buona famiglia. Il padre, avvocato, aveva voluto darle il nome di Meredith in omaggio a James Meredith, il primo nero a essere ammesso all’Università del Mississippi. Ma non aveva fatto i conti con i danni della sottocultura popolare. Quando era entrata nella polizia, l’unica Meredith che i suoi colleghi conoscevano era Meredith Grey della serie Grey’s Anatomy. Alcuni anni dopo, tutti i poliziotti la chiamavano Fifty. Come «cinquanta», in Cinquanta sfumature di Grey. Cosa che lei sopportava con il suo eterno sorriso di figlia della steppa, lei che era nata nel microdistretto di Sansar, uno dei più antichi e, a quel tempo, uno dei peggiori di Ulan Bator. Parlava quattro lingue, ma non diceva mai niente del suo dottorato in Scienze del comportamento ottenuto all’Università Paris-Descartes, in Francia.”

Tsegtseg: fil rouge della storia. Da lei e con lei inizia e finisce questo terzo capitolo. Figlia della steppa, ha risorse nascoste e inimmaginate. Anche lei forte e sorprendente, parla poco, ma quando lo fa, catalizza l’attenzione. Lo stesso si può dire dei suoi movimenti: pochi, ben misurati e decisivi.

L’Africano: personaggio misterioso quanto fondamentale e determinante nel romanzo. Cecchino e giustiziere, non posso dire troppo per chi non ha letto il libro, lo si scopre piano piano. Lo si vede poco, ma le sue azioni sono dovunque e provocano reazioni a catena.

Cambiamento è un protagonista silente, ma fa da sfondo a tutta la storia. Tra chi lo insegue, chi lo vorrebbe fermare, e la natura che segue il suo corso, mutando in fretta, il lettore può percepire il disorientamento di chi guarda impotente e non si capacita di come sia potuto succedere. La perdita delle tradizioni per volere politico o economico, lascia comunque un vuoto difficile da riempire.

L’obiettivo era ideologico. Costringere la tradizione a entrare nello stampo del sistema sovietico. Il diritto alla sepoltura per il popolo, col cavolo! Volevano invece seppellire la tradizione nomade.

Daniela