Sono entusiasta di questo romanzo che, nonostante sia stato pubblicato per la prima volta nel 1967, racconta una realtà che appare quanto mai attuale.
Cambiamenti climatici e disastri ambientali fanno da sfondo a questo distopico. Onirico e surreale, durante la lettura sembra di essere attraversati da un torpore misto a paura e impotenza per un pericolo incombente, il ghiaccio che avanza e ricopre, cristallizza i luoghi e il tempo.
Il protagonista è un uomo che gira con la sua auto in cerca di una ragazza albina, la vede nei sogni, inafferrabile, silenziosa, fragile. La cerca di casa in casa e la trova, vittima del suo aguzzino, un marito che impartisce ordini, a volte ne perde le tracce, in un continuo rincorrersi e fuggire.
Il mondo non è più quello che conosciamo, come in ogni distopico di fantascienza che si rispetti, l’autrice mette sotto una lente d’ingrandimento tutte le nostre paure, amplificandole e capovolgendole fino a renderle universali. C’è un’apocalisse in atto, ed è fatta di pareti di ghiaccio.
Tutto ha i colori del freddo, è grigio, il pericolo avanza e non si può scappare per sempre. Con una narrazione serrata, fatta di frasi brevissime, per raccontare il tormento interiore della ricerca e l’avanzata del freddo artico, Kavan trasmette tutta l’angoscia del protagonista che sfida il tempo e la natura, sembra di rincorrere la donna di sogno in sogno trovandola ogni volta sempre più sfuggente.
Una lotta fra l’uomo e la natura, o il nevischio come offuscamento allucinato che appanna la realtà, in ogni caso sembra esserci un evidente e potente simbolismo che ricorda l’inferno dantesco e l’alienazione psichiatrica, presagio di abbandono.
La copertina è materica, sembra di accarezzare un vero tessuto, la 451 è una casa editrice innovativa e sorprendente, mi sembra doveroso spendere qualche parola di plauso a riguardo.
Si tratta di un progetto editoriale ideato dalla edizioni BD dedicato alla fantascienza e alla distopia, come dal chiaro riferimento a Bradbury, con pochi mirati titoli di grande qualità.