“Il quinto evangelio” di Mario Pomilio (Bompiani)

“Il quinto evangelio” è un romanzo dell’abruzzese Mario Pomilio pubblicato da Rusconi nel 1975. In agosto 2022 Bompiani l’ha ripubblicato nei Classici contemporanei, con una introduzione di Giuseppe Lupo e una foto di un tramonto sui monti Sibillini in copertina di Angelo Mezzanotte.

Mario Pomilio ha conseguito il Premio Campiello nel 1965 con “La compromissione” e il Premio Strega nel 1983 con “Il Natale del 1833”.

Cos’è “Il quinto evangelio”

Il romanzo inizia con una lettera del 1945 in cui un docente universitario fa avere il frutto delle sue ricerche alla Pontificia commissione biblica di Roma, riguardanti un fantomatico quinto Vangelo. Nessuno sa se sia esistito veramente o se sia una semplice metafora. Fatto sta che esiste una lunga serie di carteggi, documenti e codici in cui viene citato lui o vengono citati alcuni suoi estratti. Inoltre, tutto questo dà origine, attraverso i secoli, a reazioni e interpretazioni molto differenti.

Punti di forza

Sin dalle prime pagine il romanzo “Il quinto evangelio” si mostra sorprendente. Mano a mano che ci appassioniamo dalla ricerca del protagonista, Peter Bergin, siamo profondamente attratti dalla profonda inventiva di Mario Pomilio e dalla versatilità della sua scrittura.

“Ora, se anche una sola frase d Gesù omessa o dimenticata dagli altri Evangelisti potessimo noi sperar di rintracciare nel vangelo del monaco reco conservato a Vivario, faremmo forse come colui che per non disordinare il proprio campo rinunzia a cercare il tesoro che v’è nascosto o come colui che con quante forze ha si dà a rovesciarne la terra per ogni verso?”

I passaggi raccolti da Peter Bergin e dalla sua aiutante hanno fonti precise, rintracciabili, eppure allo stesso tempo sono totalmente inventati. L’ho trovato pazzesco! Mario Pomilio simula i metodi di ricerca cristiani e ripercorre alcune delle tappe più significative, a partire dalle prime comunità cristiane, fino all’Inquisizione. Ha inventato una specie di universo parallelo.

“Il che tuttavia può anche essere inteso altrimenti: che le opere buone che compiamo sono il nuovo evangelo che si scrive; o propriamente, che il Vangelo muore e nasce tante volte, quante volte la Carità declina o rifiorisce”

Tutti i passaggi a cui assistiamo noi privilegiati del futuro costituiscono una visione parziale e retrospettiva dell’argomento principale. Ogni volta possiamo intravvedere ora la genuinità dell’argomentazione, ora il suo doppio fine, ora i potenziali risvolti sociali, ora i motivi dell’ostracismo.

Assistiamo al continuo braccio di ferro tra sospetto e Fede, reticenza e abbandono, potere temporale e potere spirituale. E più andiamo avanti e più siamo meravigliati dalla capacità dell’autore di costruire un intero mondo così architettonicamente credibile.

Però, però, però…

La ricerca della verità, tuttavia, è fatta di speculazione, ed è mio dovere avvisare il curioso lettore che un buon 65% del romanzo è composto di argomentazioni teologiche, filosofiche, umanistiche.

“E insomma, più propriamente, esiste una verità non scritta, o che comunque nessuna Scrittura è riuscita a esprimere intera: ed essa, come fa il lievito, che fermenta in sempre nuova pasta, continua a rivelarsi in sempre nuove forme per manifestarsi ulteriormente al nostro intendimento”

Ci ritroviamo però ad attingere come assetati in un deserto al restante 35%, perché è qui che si sviluppa l’azione, è qui che il puzzle piano piano si compone, pur restando incompleto. Anche se ho sofferto un po’ la densità e la ricorsività dell’apparato narrativo, non ho potuto fare a meno di provare un continuo senso di stupore, culminato poi nell’ultimo capitolo.

Il libro viene concluso infatti da “Il quinto evangelista”, un dramma inedito di cinquanta pagine con cui Mario Pomilio aveva vinto la prima edizione del Premio Flaiano nel 1974 e che poi ha costituito il nucleo primigenio del romanzo. Si tratta di un confronto tra i quattro vangeli (questo, assolutamente fondato) e l’apertura di uno spiraglio verso un possibile quinto, che li comprenda e completi.

Nota Bene

“Il quinto evangelio” di Mario Pomilio è una lettura da compiere senza fretta, considerando anche che, insieme alle appendici a firma dell’autore, l’edizione Bompiani raggiunge le quattrocento pagine. Occorre predisporsi a un lungo percorso di indagine che lascerà tutti gli interrogativi aperti.

In un articolo del 2011 raccolto in “Scritti sbagliati” (Galaad 2013), il critico letterario Simone Gambacorta descrive Mario Pomilio come scrittore problematico, senz’altro cattolico, ma sottolinea che

“ha raccontato storie complesse, con molte domande e poche risposte, e i cui protagonisti perforano se stessi e le proprie coscienze con interrogativi spinosi.”

A riprova del carattere sfuggente di questo romanzo, in un altro articolo del 2012 raccolto negli “Scritti Sbagliati” Simone Gambacorta descrive efficacemente “Il quinto evangelio” come il “residuo della coda di una cometa, la scia del passaggio di una parola ubiqua e al tempo stesso latitante, inafferrabile, sgusciante”. E stupisce annotando gli strascichi di questa cometa: sono stati pubblicati due saggi critici di Vittoriano Esposito sul romanzo di Mario Pomilio, uno da Edizioni dell’Urbe nel 1978 e uno in un rivista nel 1985. Un po’ come il fenomeno insorto intorno ai thriller di Dan Brown negli anni Duemila, in quanto sembravano partire da documenti e deduzioni veri.

Allo stesso modo anche “Il quinto evangelio” ha fatto parlare di sé, suscitando interrogativi scomodi. Io stessa ho ripreso in mano i quattro Vangeli per verificare un’affermazione presente nell’ultimo capitolo. Insomma, quella proposta da Pomilio è una indagine che sfianca ma che conquista.