“L’uomo invisibile” di H. G. Wells

“L’uomo invisibile” è un classico di fantascienza scritto dal londinese Herbert George Wells nel 1897. A partire dal 1933 sono state realizzate tante versioni cinematografiche. L’immagine di un uomo con il volto ricoperto da bende e due grandi occhiali da sole è molto famosa.

Io l’ho ascoltato su Audible, ma il libro è commercializzato da diverse case editrici, come Fanucci e Newton Compton.

Cos’è “L’uomo invisibile”

In H. G. Wells vediamo il romanzo vittoriano snellirsi e avvicinarsi a una presa più cinematografia. La vecchia struttura costituita da una rete di testimonianze (sto pensando alla struttura epistolare di “Frankenstein”, dal tema simile ma di ben ottant’anni prima) cede piano piano il posto a un ritratto en plein air. Ne “L’uomo invisibile” è un narratore esterno a darci la possibilità di assistere allo sgomento dei personaggi, di entrare nelle loro stanze in piena notte, di sentire i loro pensieri.

Si inizia con l’apparizione di un uomo misterioso, coperto interamente di bende e con un vistoso paio di occhiali da sole, in una locanda del West Sussex. Naturalmente suscita moltissima curiosità e moltissima inquietudine. A metà libro ci viene detto da lui stesso che si chiama Griffin, che è un medico e uno scienziato e ha scoperto il modo di rendere invisibili le cellule viventi. Ha intenzione di approfittarne nel peggiore dei modi.

Punti di forza

La narrativa di Wells è lineare e chiara. L’aspetto più interessante è il senso di disagio che si prova quando ci si immedesima nei fatti e si prova a immaginare come sia affrontare un corpo a corpo con un uomo invisibile. È impossibile prevederne le mosse: è quasi come lottare contro il Fato.

Quando il lettore è ormai convinto di essere in una netta posizione di svantaggio, ecco arrivare il punto di vista del privilegiato a rivelare che non è tutto rose e fiori.

Innanzitutto, Griffin è invisibile solo se senza vestiti, ed è chiaro che in inverno è una situazione antipatica. Inoltre, quello che mangia non è invisibile finché non viene digerito completamente, quindi deve o rimanere a digiuno o rimanere nascosto a lungo. Senza vedersi i piedi, si è incerti anche nel camminare. Insomma, il ribaltamento delle certezze è molto interessante e lo è anche la questione etica posta in ballo: l’invisibilità a cui a volte aspiriamo, è davvero un dono? E cosa faremmo se l’avessimo?

Succede la stessa cosa ne “Lo strano caso del dottor Jekyll e Mr Hyde”, pubblicato pochi anni prima da un altro autore britannico, lo scozzese Robert Louis Stevenson: a forza di fare esperimenti, si viene inglobati dalla propria ricerca con cambiamenti irreversibili.

Cristina Mosca