Il velo dipinto – di William Somerset Maugham

Il velo dipinto, di William Somerset Maugham

Gli Adelphi tascabili

copertina adelphi il velo dipinto

Siamo nel Regno Unito, sono gli anni Venti. Kitty sposa Walter per non permettere che i riflettori vengano accesi sul matrimonio più vantaggioso di sua sorella minore. Walter, però è molto (ma molto) più introverso di quello che pensava e tra loro si instaura un dialogo povero. Quasi di conseguenza, Kitty inizia una relazione con l’attraente Charles e quando il marito lo scopre le dà un aut aut: O si unisce a lui in una missione suicida in Cina, dove è in corso un’epidemia di colera, oppure le concederà il divorzio ma lei dovrà sposare Charles.

Il quale però non ha nessuna intenzione di lasciare la moglie.

In Cina, Kitty inizierà a guardare oltre il “velo dipinto che i viventi chiamano vita”, come recita la poesia di Percy B. Shelley a cui si fa riferimento, e comincerà a considerare altri aspetti del vivere, che vanno oltre la mondanità, le danze e le competizioni personali. Inizia un percorso di crescita e di pace, che la metterà di fronte alla sua fragilità umana.

Punto di debolezza.

Scelto dai gruppi di lettura abruzzesi EquiLibro di Pescara e L’inCHIOSTRO di Tagliacozzo (Aq) come lettura gemellata di agosto, “Il velo dipinto” è stato pubblicato in forma seriale tra il 1924 e il 1925 e forse per questo ha una struttura che direi discutibile. La narrazione è sommariamente piatta, senza climax, punti di rottura o problemi da risolvere. Ci si aspetterebbe qualche cinese in più, perciò diventa palese la funzione puramente strumentale dell’ambientazione Tutte le fasi della vicenda sono simmetriche e lineari: manca l’attenzione particolare verso quei momenti in cui il bandolo della matassa viene srotolato e il lettore si sente sollevato dalla tensione.

Durante la lettura di questo libro si resta in attesa costante che finalmente accada qualcosa. La vicenda evolve, ma senza fuochi d’artificio.

E la protagonista si chiama come un gatto.

Dai.

Però, però, però…

L’autore ha dichiarato di aver covato per anni la trama giusta, che gli permettesse di ambientare ai suoi giorni una vicenda simile a quella di Pia dei Tolomei così come l’ha narrata Dante. Considerato alla luce di questa operazione letteraria, il romanzo diventa interessante.

Se lo contestualizziamo, inoltre, nel suo momento storico, è possibile rilevare una dinamica più profonda. La relazione tra Walter e Kitty, per esempio, è pienamente rappresentativa di quel tempo. Il fatto che Kitty non consideri la sua autonomia sganciata da un uomo ma sempre in sua funzione (prima il marito, poi l’amante, infine il padre) rispecchia il suo sistema sociale.

Se ci pensiamo, questa protagonista inizia a rompere gli schemi. In maniera remissiva, non scandalosa, però libera. Il libro non si conclude con il suo completo affrancamento, però con qualcosa di simile a un buon proposito, come se si rimandasse a un seguito in cui lei si ricongiunge con se stessa.

L’ho vista come una eroina che unisce il romanzo tardo-vittoriano, in cui la rivoluzione avveniva attraverso l’espressione dei propri sentimenti, al romanzo di formazione. Mi è venuto in mente “Via col vento”, scritto una decina di anni dopo. La Scarlett che conosciamo all’inizio, proprio come Kitty pensa solo alle feste e alla sua femminilità e vive in funzione dell’uomo, perché è così che si faceva. A differenza di Kitty, che non sogna mai un futuro in cui bastare a se stessa, Scarlett con la guerra civile cresce e si promette che non soffrirà più la fame. Alla stregua di molte donne del tempo, che hanno dovuto reinventare il loro ruolo in famiglia e sostituire i mariti che erano in guerra, arriverà a fare l’imprenditrice (e quindi ad affrancarsi dall’uomo), pur di assicurarsi la serenità.

Da questo punto di vista, Kitty appare come una protagonista nel suo piccolo innovativa, una donna che insinua un dubbio nell’orecchio delle lettrici. Vista così, ci sentiamo quasi di poter perdonare la sua mancanza di verve.

De “Il velo dipinto” esistono due versioni cinematografiche: una del 1934 con Greta Garbo ed Herbert Marshall e una del 2006 con Naomi Watts e Edward Norton.

Cristina Mosca