“Io e Gio” di Francesco Prosdocimi (Neo Edizioni)

Quando arriva un nuovo romanzo in casa Neo è sempre una rivelazione. In “Io e Giò” sorprende per la delicatezza di un racconto intimo e sincero. Il protagonista e Giò sono due fratelli la cui vita è cambiata in un terribile istante, quando i loro genitori sono morti in un incidente stradale.

Pietro è il più grande e deve prendere una decisione non facile: creare nuove abitudini per provare ad avere una vita normale, ricominciando da loro due, due anime che si devono di nuovo conoscere e riconoscere. Una casa in montagna è il luogo da cui ripartire, dai suoni della natura, dall’acqua di un ruscello, da un vicino ostile. Tutto deve tornare alla normalità ma non è scontato.

Andare a un allenamento di calcio, come Giò faceva prima della tragedia, è difficile all’inizio ma dopo un momento di spaesamento riemerge in lui la voglia di fare bene e il talento. Pietro ha il difficile compito di fargli da genitore, un ruolo che non ha scelto a soli ventitrè anni.

Si ritrova in questo ruolo, non è preparato, ritaglia momenti soltanto per loro due, in riva al fiume a lanciare sassi, ma quando ricomincia la scuola, lui deve riprendere il ruolo del genitore, di cui lui stesso ancora avrebbe bisogno.

Il racconto è delicato, le descrizioni sono funzionali alla trama e attraverso i dialoghi fra i due fratelli il rapporto cresce, si cementifica, diventa profondo e tornano ad essere una famiglia. Per tutto questo la nuova uscita di Neo Edizioni è una rivelazione perché è differente dalle storie a cui ci ha abituati, dissacranti, dirompenti. Questo romanzo si fa strada attraverso una sincerità spiazzante e rimane dentro ben oltre l’ultima pagina.

Consigliatissimo!

Incipit:

Carico l’ultima valigia nel bagagliaio della Yaris. Non ci sta
più niente qui dentro. Papà lo diceva sempre che era troppo
piccolo.
Mi viene da piangere, ma non posso.
«Hai preso gli scacchi?»
Gio mi fa cenno di no con la testa.
«Corri a prenderli, allora».

Lo guardo tornare dentro di corsa. Correva così anche quan-
do mamma lo chiamava sull’uscio perché iniziava a fare freddo.

Ora non c’è freddo. Si sta bene. Si è sempre stati bene a ca-
sa nostra.

Gio torna con la pesante scacchiera di alabastro sottobrac-
cio. Ce l’aveva regalata papà per Natale. Quella che avevamo

prima aveva quasi tutti i pezzi rotti. Giocavamo spesso la sera
mentre mamma preparava la cena.
Cerco di non pensarci.
«Dai, sali in macchina».
«Ma perché andiamo via?»
«Perché è meglio così. Fidati».
Gio sale davanti tenendo stretta la scacchiera. Non vuole
metterla dietro, assieme ai dvd e tutto il resto.
Chiudo la sua portiera e guardo di nuovo casa nostra.