“Le donne di troppo” – George Gissing

Oggi vi parlo di un classico vittoriano del 1893 che non so perché sia stato messo un po’ da parte: “Le donne di troppo” di George Gissing (da pronunciare ghissing). Ho ascoltato su Audible la versione tradotta da Vincenzo Latronico per La tartaruga (2017). Ho scoperto questo libro e questo autore perché selezionati dal gdl “Roba da vittoriani” per i mesi di giugno e luglio. Per me questa scoperta è tanto stupefacente quanto inspiegabile è la rimozione di questo autore dalle antologie scolastiche e universitarie.

Vi spiego perché.

Cos’è “Le donne di troppo”

Iniziamo dal titolo: “The Odd Women”. Si tratta di un’ambiguità linguistica affascinante. La scelta italiana è caduta su “Le donne di troppo”. In inglese, “odd” significa sia “strano” sia un concetto vicino allo “spaiato”, “in eccedenza”. Le donne del titolo, viene spiegato quasi all’inizio del libro, sono quelle donne che non riusciranno a sposarsi perché sono in numero eccessivo rispetto alla quantità di uomini disponibili. Qual è la loro sorte, se secondo i canoni della società solo le donne sistemate sono dignitose?

“Dobbiamo essere felici se permetteremo a qualcuna di loro di vivere da sole senza più infelicità di quella che tocca a un uomo non sposato”

Intorno a questo tema ruota tutto il romanzo. Ci sono un paio di matrimoni in ballo e dentro di loro si innestano le nuove consapevolezze del Novecento. Rhoda e Monica sono due rappresentanti delle nuove rivendicazioni: maggiore autonomia per le donne, il pari diritto di istruirsi o di fare della propria vita quello che si preferisce. Ma anche loro dovranno fare i conti con l’amore e con alcune scelte di vita.

Punti di forza

Lo stile di George Gissing è pulito, scorrevole, anche se forse un po’ ammiccante. In alcuni passaggi ho avuto l’impressione che si soffermasse su intrighi e pareri studiati appositamente per un pubblico prettamente femminile.

Nonostante questo, è stato molto interessante vedere come i suoi personaggi maschili forniscano punti di vista eterogenei tanto sulla vecchia visione del patriarcato che sulla nuova.

“Ma forse un giorno i matrimoni sarebbero stati annullabili su volontà di uno degli sposi. Magari l’uomo che voleva tenere legata a sé una donna che non lo amava sarebbe stato visto con disprezzo e riprovazione (…)”

Un aspetto che mi ha colpito è sulla questione della parità dei diritti di genere nel campo del lavoro: il fatto che le donne venissero pagate la metà degli uomini non insultava solo loro, ma anche gli uomini stessi, che a loro volta si vedevano scalzati da qualcuno di più economico.

Però, però, però…

Ho letto alcuni commenti negativi su Audible circa la noia suscitata dalla trama o dall’alto grado di prolissità. Qualcuno ha descritto l’intreccio come una brutta copia di quelli di Jane Austen. Sinceramente, ho percepito il romanzo solo un po’ “ruffiano”, come ho già detto prima, ma ho percepito questo strizzare l’occhio a temi anche pruriginosi più che altro una chiave necessaria per entrare nel mercato editoriale.

Lo scrittore è stato abbastanza ignorato fino ai racconti che scrisse alla fine dell’800. Poi raggiunse subito il podio della letteratura inglese insieme a Thomas Hardy e George Meredith. Solo che di questi ultimi due abbiamo ancora molte tracce, mentre di George Gissing sembra essere sparito ogni accenno anche nelle antologie più rinomate come la Northon Anthology.

“Il nostro posto è il mondo dell’intelligenza, degli sforzi onesti, della forza morale. I vecchi modelli di perfezione femminile non ci servono più a nulla”

Una risposta che mi do leggendo la sua biografia su Wikipedia è nell’attitudine conservatrice della sua persona, che affondava le radici in una sensibilità aristocratica che mal si conciliava con la marcia del progresso tra l’era vittoriana e quella, fulgida, di re Edoardo VII (che Gissing appena sfiorò perché morì a 46 anni, per un raffreddamento, nel 1903).

“Ora sarà un essere umano completo, in grado di guardare un uomo da pari a pari.”

Eppure, penso che questo romanzo sia illuminante e anche architettonicamente corretto: non credo ci fosse un finale più coerente per un personaggio come Rhoda. Riesce sia a dare voce alle donne del diciannovesimo secolo sia a mostrarci alcuni aspetti dei cambiamenti sociali che vengono presi poco in considerazione.

Lo consiglio!

Cristina Mosca