“Le imperfette” di Federica De Paolis (DeA Planeta)

“Le imperfette” di Federica De Paolis edito da DeA Planeta è anche il romanzo vincitore della seconda edizione del premio Dea Planeta.

In particolare è grande la soddisfazione perché per due volte di seguito è stata premiata una scrittrice e per la seconda volta si tratta di un libro bellissimo.

Le imperfette racconta la storia di Anna, una donna che è tutto: figlia, madre e moglie ma è infelice perché avverte di non poter essere veramente se stessa ma di dover assecondare l’idea che gli altri si sono fatti di lei.

È così che conosciamo Anna attraverso le sue fragilità, attraverso il suo amante straniero, Javier, che è il padre di una compagna di scuola di suo figlio, e che incontra in un appartamento con regolarità sentendo però ogni volta sempre di più il peso dei tradimenti.

Più che per il marito, Anna soffre per non poter essere sincera con i figli che trascura, lasciandoli con la baby-sitter, mentre lei si concede questi pochi istanti effimeri d’amore.

Le ferite che sembrano rimarginarsi in realtà si riaprono e sanguinano ancora più forte di prima.

Non la aiuta il rapporto col marito, che definisce le donne che si rivolgono alla clinica privata di famiglia di cui è primario, Villa Sant’Orsola, come le imperfette ovvero donne infelici che non riescono neppure modellando il proprio corpo a trovare quella soddisfazione che in primis non hanno detto di sé.

Ma imperfette siamo tutte, perché non ci accettiamo e ci raccontiamo delle bugie per rendere la realtà meno amara.

Il racconto di De Paolis mette in luce anche le ferite della società contemporanea così attenta all’apparenza e sempre in cerca di conferme e approvazione dall’altro, e sulle vie di fuga che scegliamo.

Anche se spesso le scorciatoie conducono a vicoli ciechi, per questo prima o poi siamo costretti a fare i conti con quello che siamo e con quello che vogliamo essere.

Così quelle crepe che ci sembravano fragilità sono in realtà gli spazi da cui far entrare la nuova luce, che può diventare la vita che è veramente desideriamo.

Estratto:

Il vento ululava contro i vetri, eppure a valle, in autostrada, Anna lo aveva sentito sibilare come un canto. Aveva quasi timore a scendere dalla macchina, pensava che una raffica l’avrebbe portata via. La ruota anteriore sinistra era bloccata, infilò la retromarcia schiacciando l’acceleratore, ma il ghiaccio impediva l’attrito: il motore rombò nel vuoto come se l’auto fosse in folle.

Aprì lo sportello di slancio e posò un piede a terra, la ballerina di velluto affondò in una pozza di ghiaccio. Chiuse la portiera e si guardò intorno. C’era la busta con i pannolini di Natalia, la usò per avvolgere il piede fradicio; con la plastica della confezione coprì l’altro. Afferrò il cellulare ma non c’era campo; era sparito da quando aveva preso a inerpicarsi sulla montagna. Il cuore le batteva veloce da troppo tempo. Era la paura.

Pensava di meritarla. Anna intimamente sapeva che, se fosse stata più attenta, presente, vigile, ora non si sarebbe trovata lì. No, certo.

Quando scese dall’auto il gelo la investì. Si chinò a terra e vide che la ruota era divelta, incastrata nel guardrail. Un pick-up bianco le sfilò davanti. Si sbracciò, saltando sul posto, «Aiuto!» gridò, ma la sua voce graffiata cadde nel vuoto. L’auto era appena sparita dietro un tornante. Le corse dietro, pochi passi scomposti, il freddo e la salita le tagliarono il fiato. Si piegò sulle ginocchia, aveva la gola secca, osservò le luci a valle: non aveva idea di quanto ci volesse per raggiungere l’albergo. Non riusciva a misurare le distanze. Tornò a guardare la Panda; aveva lasciato i fari accesi; si avvicinò, tolse le chiavi dal quadro e inserì l’allarme. Qualcuno salendo si sarebbe insospettito di fronte a quell’auto abbandonata, forse l’avrebbero cercata.

Guido la stava aspettando.