L’illuminazione del susino selvatico – di Shokoofeh Azar (Edizioni E/O)

L’illuminazione del susino selvatico – di Shokoofeh Azar (Edizioni E/O)

L’illuminazione del susino selvatico – di Shokoofeh Azar (Edizioni E/O)

Se vi piace il genere del realismo magico e volete conoscere più da vicino la cultura di un paese antico e martoriato come l’Iran, questi libri fa per voi.
Finalista al Booker International Prize 2020, il romanzo di Shokoofeh Azar è stato pubblicato in Italia nell’agosto 2020 dalla casa editrice e/o a distanza di tre anni dalla prima uscita in Australia dove la scrittrice iraniana vive ormai da diversi anni.

Iran, 1979. Allo scoppio della Rivoluzione islamica, una famiglia di Teheran che vanta fra i propri antenati filosofi e mistici, è costretta a lasciare la città per rifugiarsi tra i boschi sperduti del Mazandaran, una regione carica di magia. Qui, il padre Hushang, un fine intellettuale, e la madre Roza, amante della poesia e della mistica, riescono per qualche anno a far crescere in tranquillità i loro tre figli: il maggiore Sohrab, la mezzana Beeta e la piccola Bahar.
Tutta la loro vicenda, intrecciata indissolubilmente alla storia del loro paese, è narrata dal fantasma di Bahar: all’età di dieci anni la ragazzina viene arsa viva dai Guardiani della Rivoluzione giunti nella loro casa per distruggere libri e cimeli di famiglia e si trasforma in uno spirito. Il fratello maggiore subisce una sorte altrettanto tragica: da ribelle fuggiasco, vinee catturato, imprigionato, torturato, dimenticato…
La voce narrante segue i vari componenti della famiglia che faranno fronte in maniera diversa ai drammatici eventi che li hanno colpiti. La madre si rinchiuderà nel suo mondo mistico a partire dall’illluminazione ascetica avvenuta su un albero di susino che dà appunto nome e avvio al romanzo. La sorella Beeta a causa di un amore non corrisposto perderà il senno e insieme ad esso le sembianze umane. Il padre resterà da solo nella loro amata abitazione ormai quasi distrutta, ultimo baluardo contro la barbarie che ha devastato una cultura millenaria e ricchissima come quella iraniana.
I capitoli sembrano dipanarsi come i fili di una treccia: concluso un episodio, nel successivo se ne riprendono alcuni elementi secondari per raccontare una nuova storia. Un po’ come nella struttura delle “Mille e una notte”, opera paradigmatica del racconto orale che proprio nell’antica Persia affonda le sue radici.
Insieme a Bahar, uno spirito capace di interagire con i vivi per consolarli e aiutarli come può, apprendiamo con stupore che l’Iran era un paese di grande bellezza e di profonda cultura.
Le pagine che ho amato di più sono naturalmente quelle in cui vengono elencati i titoli dei libri, anche occidentali, di cui la famiglia di Bahar era in possesso e che, una volta gettati nel rogo, ha cercato pazientemente di “ricostruire” attraverso i propri ricordi.
Shokoofeh Azar dal 2011 è rifugiata politica in Australia, come leggiamo nelle pagine finali dell’opera:
“Ringrazio dal profondo del cuore la popolazione dell’Australia per avermi accolta in una nazione sicura e democratica, dove ho avuto la libertà di scrivere questo libro – libertà che mi è stata negata nel mio paese natale, l’Iran”.
Denise Bonanno