Nel nostro fuoco – di Maura Chiulli (Hacca)

Nel nostro fuoco

di Maura Chiulli

Hacca Edizioni

Dal sito della casa editrice

Tommaso ha un’idea precisa della vita: si sveglia sempre alla stessa ora, compie gesti ordinati, puliti. Ha, nelle mani, la misura degli spazi e del tempo. Disprezza il caos, o meglio lo teme, come tutto ciò che non può controllare. Poi l’incontro, improvviso, con una donna drago, che di notte si esibisce per strada sputando fuoco dalla bocca, e di giorno custodisce le sue paure. Serviranno, a quest’uomo che sembra diretto da una voce venuta dal passato, un coraggio nuovo e una dolorosa dimenticanza per provare a vivere una storia d’amore che non sembrava più possibile. Un rapporto, quello con Elena, che a poco a poco gli insegnerà una lingua in grado di nominare – per la prima volta – un’emotività delicata e generosa. Ma l’amore, talvolta, chiede un pegno. È così che arriva un inciampo, un guasto. Una figlia, Nina, che tradisce ogni loro aspettativa, che non cresce come gli altri bambini, che non parla, che pare assemblata coi pezzi peggiori del padre e della madre. “Nel nostro fuoco” è la storia di un’incapacità ad accudire, di una paternità difettosa. Di un alfabeto emotivo da costruire attraverso i segni nascosti nelle pieghe di gesti ripetuti e sguardi incantati. Ma è anche la storia di una salvezza, dell’amore che ci mette al riparo.

Recensione

Mi avevano parlato molto bene di questo libro. Il rischio era, ovviamente, che io invece ne restassi delusa. Così non è stato. Il libro mi è piaciuto: mi è piaciuta la storia e mi è piaciuto lo stile, il modo in cui viene raccontato. Metaforico e reale, evocativo e concreto. Aspro e dolce. Una storia fatta di contrasti, di tentativi di smussare gli angoli, di incapacità di ammorbidirsi. Un percorso di accettazione, non facile, non scontata, a volte impossibile.

Tommaso ci racconta di sé, del suo passato, di come sia arrivato lì dov’è ora, quando decide di uscire e lasciare sua figlia da sola a casa. Figlia autistica, che non comunica, non parla, sembra non sentire e non vedere, eppure vive. A modo suo, ma vive. È estate, fa caldo. Tommaso fatica a fare tutto, anche a camminare, a respirare. Gli pesa la vita. Ripensa alla sua vita, ai genitori, a Elena e a Nina, sua figlia. Avrebbe preferito non averla.

Lui, che ha sempre fatto fatica a comunicare, che è stato un ragazzo solitario, che non aveva amici, non andava alle feste né in gita, si ritrova con un figlia che non parla. Come fare a trovare un canale di comunicazione? Come rompere quel muro, sbriciolarne anche solo un pezzetto per farsi vedere, ascoltare, considerare? Eppure sua moglie ci riesce. Ma Elena è diversa, è speciale, lei. Ha il fuoco dentro. Lo ha scoperto da giovane, glielo ha svelato suo padre. E del fuoco lei ne ha fatto una ragione di vita, col fuoco fa spettacoli, compie magie. Lei che vuole lasciarsi sorprendere dalla vita, viverla a piedi nudi e col vento in faccia.

Tommaso no. Lui non conosceva il vocabolario dell’imprevedibilità, non aveva nessuna dimestichezza con l’ignoto, con il buio. Per lui ogni cosa andava progettata, saputa, descritta, vissuta con misura e premeditazione.

Si conoscono a uno spettacolo di lei, a Torre dell’Orso, nel Salento. Lui resta incantato da questa donna piccola e bellissima, capace di domare il fuoco, di non farsi male. Una dea.

Le chiese con insistenza il segreto. Elena rispose che il fuoco per lei rappresentava molto di più di quello che si poteva vedere con gli occhi. Che in quel momento di abbandono, in quell’apnea, lei custodiva i suoi sogni, la sua libertà e la sua autodeterminazione.

«Ti sei mai salvato da solo? Hai mai provato la sen sazione meravigliosa di poter contare solo su di te? Hai mai potuto ringraziarti per essere ancora vivo?»

Il loro è un amore strano; tanto compassato lui, rigido, quasi anaffettivo, tanto dirompente lei, capace di vivere le emozioni, di sentirle, eppure di non farle pesare.

Ha avuto una sorella anoressica; con lei ha imparato a combattere da ferma:

L’amore lei lo sapeva com’era: una belva feroce che ti sbrana da dentro e ti spacca testa e cuore se non sei pronto. Se nessuno te lo ha svelato, se nessuno ti ha insegnato che per accogliere devi sentire di meritartelo, finisce che l’amore ti fa del male. Ma lo avrei capito anch’io, Elena si fidava di me e sapeva come mi sentivo. Diviso, sfregiato dai colpi dei silenzi, ossessionato dalla paura di perdere ogni cosa, Nina compresa. E lottava restando ferma, senza dire una parola: era nata per amare e per combattere, glielo aveva svelato suo padre e contava un milione di ragioni per cui amare e un milione per cui combattere. Ecco perché, per lei, l’esistenza valeva la pena, aveva un peso specifico, una ragione solidissima.

Lui invece ha avuto due genitori rigidi, una madre assente, che gli ha insegnato a leggere come un obbligo – ogni giovedì almeno 50 pagine – un padre incapace di salvarlo, di farlo sentire amato, accettato.

«Tommaso è un bambino speciale!» «Siamo stati bravi». «Lui non è come tutti gli altri bambini». «Infatti, guardalo… Niente a che vedere con quegli smidollati ignoranti». «Tommaso è nato grande!» «Ha un’intelligenza al di sopra della media, a cinque anni già leggeva e scriveva, ti ricordi che impressione?» Tommaso era il più bravo, il più responsabile, era nato grande, ci si poteva contare. Parlavano con un’enfasi straordinaria, senza sapere che ognuna di quelle parole era una coltellata al bimbo che pure c’era, era venuto al mondo, esisteva da qual che parte, ma che non poteva vivere, perché li avrebbe delusi, ammazzati. Fosse stato per lui, certi giorni, al posto del pianoforte, delle lezioni, del bagno in vasca, avrebbe preso un pallone e provato a giocare. Senza nessuno che gli chiedesse mai cosa pensasse, lui non poteva pronunciare i pensieri che gli passavano per la testa, non poteva scegliere niente. Solo obbedire: ogni azione, ogni considerazione doveva essere filtrata, anzi,non detta, dimenticata. Era l’unico figlio e sentiva il dovere di assecondare quelle richieste, fino a quando, nei lunghi anni dell’adolescenza, cominciò a sentirsi schiacciato e vinto. Visse sempre con un peso sullo sterno, una morsa che gli impediva di respirare e che, certe volte, gli faceva battere il cuore così forte che pareva volesse uscire fuori dal petto. Tommaso crebbe chiuso in se stesso, diviso tra il bambino che era e l’adulto eccezionale che doveva essere.

Si accorge tardi di non aver vissuto, quando non può più tornare indietro. E non riesce a staccarsi dai genitori; la loro assenza è ancora più forte della loro presenza. Le loro voci si fanno sentire di continuo nella sua testa, esprimendo giudizi e opinioni non richieste su tutto.

Sembrano opposti, con lui incapace di empatia e lei in una tensione continua verso di lui, nel tentativo di fargli vedere quant’è bello vivere, com’è facile anche se difficile e faticoso, che ne vale la pena.

Eppure anche per Elena non è stato facile: la sorella era anoressica. Urlava il suo disagio, il suo non riuscire a trovare il proprio posto nel mondo, rifiutando il cibo, diventando tutta spigoli. I suoi silenzi erano più potenti delle sue parole. La famiglia ha dovuto fare cerchio e sollevarla, aiutarla. Finalmente si è sentita vista. Forse per questo Elena ama Tommaso e lo capisce e lo perdona, più di quanto lui si capisca e, soprattutto, si perdoni.

Elena che resta, fiduciosa, certa che lui tornerà, perché amare è difficile, ma senza amore si muore. Elena che riesce a comunicare con Nina.

Nina che non è vero che non capisce: a suo modo, quando vuole, comunica.

E Tommaso che vuole vivere, vuole essere e sentirsi vivo. Ma come si fa a lasciare andare la paura?

Vorrei aver vissuto, vorrei aver avuto il coraggio di soffrire, di combattere in nome dei miei peccati. Vorrei aver fatto più regali che rinunce. Vorrei aver saputo proseguire su quel furgone senza maglietta, a piedi nudi per tutta la vita, la mia vita.

Daniela