Il debutto narrativo della giovane scrittrice irlandese Sally Rooney, “Parlarne tra amici” (2017), è subito diventato un caso letterario internazionale. L’allora ventiseienne Rooney venne indicata dalla critica come voce rappresentativa dei Millennials, nominata “best young writer” dal Sunday Times e inserita tra le 100 migliori opere del XXI secolo dal Guardian.
Con il suo 2º romanzo, “Persone normali” del 2018, la scrittrice non fa che confermare il suo talento e il successo di pubblico.
Ciò di cui parla fondamentalmente è il ritratto schietto e privo di moralismi della generazione a cui appartiene: imperfetta, sofferente, fragile, sola. Ecco perché un titolo così semplice: le due persone di cui parla, un ragazzo e una ragazza che si frequentano fra alti e bassi dal liceo di provincia all’università a Dublino, sono apparentemente due persone normalissime. O meglio, vanno alla ricerca di una normalità socialmente accettabile attraversando vari stadi di consapevolezza.
L’elemento più sorprendente è che fin da subito ci imbattiamo in una scrittura fluida come poche fondata sulla forza dei dialoghi in presa diretta e su una narrazione sempre al presente; ogni capitolo inizia con un salto temporale in avanti di qualche mese che lascia il lettore scoprire man mano cosa sia successo gel frattempo.
Un romanzo psicologico che indaga le personalità complesse di Marianne e di Connell, che si trovano insieme ad affrontare la loro crescita tra atti di bullismo, famiglie assenti, amicizie di convenienza, scelte professionali.