“Tempi stretti” di Ottiero Ottieri (Hacca)

Proposto con il titolo “Le schiene di vetro”, “Tempi stretti” è un romanzo di Ottiero Ottieri pubblicato in Einaudi nel 1957, nella collana dei “Gettoni”. Passato sotto il vaglio di Italo Calvino ed Elio Vittorini, è un libro che Calvino definisce “atteso e utile”. Io l’ho letto nell’edizione 1963, nella collana Einaudi “I coralli”, trovato nella biblioteca del mio Comune. Oggi è disponibile sul mercato grazie ad Hacca edizioni.

Cos’è “Tempi stretti”

Siamo negli anni Cinquanta. Giovanni Marini è il tecnico di un’impresa tipografica di Milano, la Alessandri, che minaccia la chiusura. Inizia una relazione con Emma, operaia di una piccola azienda, la Zanini, che viene venduta a un gruppo di monopolio. Insieme sono coinquilini nell’appartamento del vedovo Paolo e della figlia Caterina, a sua volta fidanzata con Aldo, che lavora in un’azienda in cui gli operai vogliono scioperare a costo di giocarsi il posto di lavoro (come succede, tra l’altro, ad Aldo).

Giovanni intrattiene una relazione anche con la moglie di un industriale, Teresa: grazie a questo rapporto sbirciamo in questa classe sociale in cui vengono prese le decisioni e in cui la difesa dei diritti è vista come un problema.

In questo modo, “Tempi stretti” ci dà uno spaccato completo della società italiana degli anni Cinquanta. Ottiero Ottieri viene individuato come uno dei pionieri della cosiddetta “letteratura industriale” italiana.

Punti di forza

“Tempi stretti” è un romanzo che mi è piaciuto molto per stile e pacatezza. Trovo importante sviscerare la caratteristica di quella che lo stesso Ottieri definisce una generazione “senza guerra e senza Resistenza”.

“Dopo le ore pomeridiane, arrivava il momento del tardo pomeriggio in cui il frastuono dell’officina diventava travolgente, nero. Non è successo nulla; ma sono tutte le operazioni alle macchine utensili che col maturarsi della giornata si addensano, e le macchine non battono, inferiscono. A questo punto gli operai sono vuoti, blanditi da una specie di stordita, immemore felicità”

L’alienazione del lavoro in fabbrica, l’orizzonte breve delle speranze, il vuoto pneumatico e lento dei giorni di riposo. I personaggi di “Tempi stretti” si muovono tutti così, come animali in gabbia che cercano di ritagliarsi una vita tra un turno e l’altro, di spiluccarne i piccoli piaceri, e sognano un’occasione di riscatto, chi nell’amore chi nel semplice accasamento. Il più delle volte, tuttavia, ciondolano. Esistono, stanno.

Però, però, però…

Le storie personali mi sono sempre piaciute di più delle storie corali. Nella seconda parte ci sono riunioni sindacali che mi hanno distratta e confusa, ma è un limite mio, ho pensato. Poi ho rintracciato, nell’epistolario “I libri degli altri” ripubblicato da Mondadori nel 2022, la lettera con cui Calvino approva il romanzo. Con mio grande sollievo, anche lui osserva che “le riunioni politiche e sindacali sono sempre un grosso scoglio a raccontarsi, e anche tu non ti salvi da un appesantimento della narrazione, ma mettendo in primo piano i socialisti anziché i comunisti hai cercato di dare qualche pennellata inedita”.

Però a Calvino non sono piaciuti i personaggi femminili (“Quella Emma è una sgonfiona”), mentre i momenti riservati a questa storia d’amore così sfuggente sono stati tra i miei preferiti.

“Queste domeniche invernali erano una vacanza così breve, così rapida, schiacciate fra le settimane, un ponte di corde su uno strapiombo, che non si riusciva ad approfittarne, senza dei veri amici, una ragazza.”

I tempi stretti del titolo sono quelli del lavoro a catena, a un certo punto monitorati addirittura da un cronometrista per verificare chi lavora bene e chi no. Ma la meccanicità del lavoro alle presse è un’arma a doppio taglio, perché meno si pensa e più ci si distrae, così ogni tanto il corridoio si sporca di sangue.

Ottiero Ottieri è un autore che continuerò a frequentare. Lui è scomparso nel 2002, alla soglia degli ottant’anni, una “boa” che temeva. La figlia ne sta preservando la memoria in questo sito.

Cristina Mosca