“Zorba il greco” di Nikos Kazantzakis (Crocetti)

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“Zorba il greco” di Nikos Kazantzakis (1946)

“Zorba il greco” è un romanzo di Nikos Kazantzakis scritto nel 1946 ma apparso in Italia per la prima volta nel 1955. Io ho letto l’edizione 1966 di Oscar Mondadori, ma dal 2021 è disponibile in libreria nella nuova traduzione di Nicola Crocetti (ed. Crocetti).

Nikos Kazantzakis è famoso anche per il libro “L’ultima tentazione”. Entrambi i romanzi sono stati trasposti cinematograficamente: “Zorba il greco” e “L’ultima tentazione di Cristo”.

Ho letto questo libro da ragazza e l’ho ripreso a novembre 2022 insieme al gruppo di lettura di Pescara EquiLibro. In entrambe le occasioni non mi ha lasciata entusiasta.

Cos’è “Zorba il greco”

Potrei provare a riassumere queste quattrocento pagine come la storia di un’amicizia fra due uomini completamente diversi tra loro. Da un lato abbiamo il narratore: un tipo ascetico, intellettuale, preso solo dai libri e dalla penna. Dall’altra abbiamo Zorba, il suo servitore: profondamente sensuale, pone mille domande esistenziali ma è preso, alla fine, dalla sua necessità di azione. E di donne.

I due condividono un’esperienza a Creta: mentre cerca di terminare il suo romanzo, il protagonista fa degli investimenti che danno lavoro agli abitanti dell’isola. Zorba e il padrone stringono conoscenza con alcuni di loro.

Punti di debolezza

Purtroppo “Zorba il greco” è lento. La trama procede a singhiozzo, tra una incursione e l’altra nella filosofia. Troviamo Nietzsche, troviamo le questioni sul tempo e sul valore della creazione che si ponevano anche i presocratici. Siamo a Creta presumibilmente negli anni Trenta, ma è come se guardassimo ancora scorrere la stessa acqua del panta rhei di Eraclito.

In questo libro tutto necessariamente va avanti, anche di fronte a un insuccesso eclatante o perfino a una lapidazione.

“Nella mia vita la morte era entrata con un volto familiare e amato, come un’amica che ti chiama e poi aspetta paziente in un angolo che tu compia il tuo lavoro”

La figura di Zorba, inoltre, è irritante per la prima buona metà del libro, a causa del suo punto di vista sulle donne. È piuttosto consumistico e superficiale, alla ricerca del gioco e della soddisfazione sessuale. Per Zorba, come dice anche il narratore, il corpo serve a produrre gioia.

Però, però, però…

Per fortuna nella seconda parte la virulenza del personaggio di Zorba si attenua. Lui smette di essere una macchietta, guadagna rotondità e inizia a esprimere valori positivi. Difende il debole e ne ha compassione, si indigna di fronte alle nefandezze umane.

Viviamo perfino una scena inaspettatamente esilarante. Peccato che poi, altrettanto inaspettatamente, viene sgonfiata subito dopo dalla narrazione, che subito passa a elucubrazioni successive.

“Si potrebbe pensare che anche l’anima sia un animale provvisto di polmoni e bisogno di ossigeno, condannato a lenta morte per asfissia quando si trovi nella polvere o in una atmosfera satura di troppi fiati maleodoranti”

“Zorba il greco” è un classico ancora valido per chi subisce l’eterna lotta dello spirito contro la materia, tra l’hinc et nunc e il desiderio di immortalità.

Cristina Mosca