“Blu” – di Giorgia Tribuiani (Fazi)

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“Blu” di Giorgia Tribuiani, Fazi 2021

Già tra i migliori esordi del 2018 con “Guasti” (Voland), Giorgia Tribuiani torna in libreria con “Blu”, un romanzo stavolta edito da Fazi (marzo 2021). Si tratta di un romanzo di formazione la cui protagonista è un’adolescente, Ginevra, perseguitata da manie e ossessioni ma soprattutto alla ricerca della propria identità.

È una ragazza ai margini, Ginevrablù, che ha bisogno di stare al centro della sua vita ma non sa bene come fare. Come un animale ammaliato da un odore, la ragazza si trova a inseguire – praticamente stalkerare – una performer artist. Quando scopre che tiene un workshop fa carte false per frequentarlo e qui continua a combattere con le sue paure, la sua insicurezza cronica, la compulsività dei sensi di colpa. Non vi raccontiamo l’evoluzione del workshop, ma vi possiamo dire che si rivelerà un punto di partenza, piuttosto che uno di arrivo.

Punti di forza

La caratteristica principale di Giorgia Tribuiani resta la ricerca dello stile, che anche in “Blu” è ricorsivo e spiazzante. Come già in “Guasti” anche qui ci si ritrova inghiottiti dal modo di pensare della protagonista, come dal gorgo che fa l’acqua quando si svuota una vasca da bagno (similitudine più che mai a tono: se leggete il libro scoprirete perché). Il lettore pensa e soffre come la protagonista.

“Blu.

Blu, guarda che –

Blu, guarda – Ginevra.

Blu, guarda Ginevra che butta la pizza”.

La scelta tecnica che salta subito all’occhio è l’utilizzo della seconda persona singolare, intervallata ogni tanto da un io narrante che ci fa precipitare nella mente della protagonista. Tutto quello che è accaduto in passato, per lei accade continuamente ancora adesso. Ragionamenti, azioni e impulsi sono spesso interrotti dal “tipico trattino tribuiano”, come lo ha scherzosamente definito Mattia Tortelli durante l’anteprima del romanzo il 22 marzo per la libreria La Storia.

Però, però, però…

Libri come “Blu” fondono messaggio e tecnica in maniera imprescindibile. Se non fosse scritto con il flusso di coscienza non si creerebbe questo mix di straniamento e immedesimazione che lo rende tanto speciale. Chi si aspetta una lettura convenzionale, focalizzata sulla trama o sul messaggio, o che utilizzi un qualsiasi virgoletta per i dialoghi, può trovarsi confuso o forse addirittura disturbato, perché la scrittura si spinge ben in fondo nella percezione della coscienza e della sessualità di un’adolescente come Blu.

“Il tempo: quello che ti prendi per asciugare le lacrime con le dita sporche di terra; quello che continua per te e che finisce sottoterra, là dove inizia la morte”.

Nella fascetta, Matteo Bussola parla di “abissi del dolore” e di “vette della passione”. Chi è pronto a questo ottovolante di emozioni potrà apprezzare tutto il valore che il romanzo perturbante “Blu” ha avuto per me.

Cristina Mosca