“I demòni” di Fëdor Dostoevskij

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“I demòni” di Fëdor Dostoevskij (1873)

“I demòni” (entità malefiche) è un lungo romanzo (726 pagine nell’edizione Einaudi 2014) di Fëdor Dostoevskij, scritto in un periodo di debiti di gioco, e pubblicato a puntate in una rivista russa nel 1872 per apparire in volume nel 1873.

L’innesco per il romanzo, come già in “Delitto e castigo” (1866), parte da un episodio di cronaca: nel 1869 un anarchico e nichilista uccise un sovversivo che voleva abbandonare il progetto reazionario.

Io ho ascoltato “I demòni” su Audible nella lettura di Silvia Cecchini, perché è stato scelto dal gruppo di lettura di Leggo Quando Voglio dedicato alla #MaratonaRussa come lettura di agosto e settembre.

Cos’è “I demòni”

Uuuu “I demòni” è tanta roba. È la prova che Dostoevskij risponde alla definizione di bravo drammaturgo di Vladimir Nabokov in “Lezioni di letteratura russa” (Adelphi 2021), e che lancia lo sguardo nel profondo del “male assoluto” di cui parla Pietro Citati nel saggio omonimo (Mondadori 2000).

Il colore predominante del romanzo, come fa notare Citati, è il rosso sangue. Il suo protagonista non è Stepan Trofimovič, contrariamente a come può sembrare dai primi capitoli, ma quel personaggio spregiudicato e senza confini che è Nikolai Stavrogin, il figlio di Varvara Petrovna, donna manipolatrice e nevrotica, accentratrice e disperata. In Stavrogin troviamo quel godimento della propria bruttura che già mi disturbò in “Memorie dal sottosuolo” e che caratterizza Raskol’nikov di “Delitto e castigo”.

Se potessi permettermi di riassumere la trama de “I demòni” in poche parole sarebbe la seguente. Il romanzo tratta di un complotto intorno al quale si muovono talmente tante persone, più o meno coinvolte, che si ostinano nei loro personali percorsi di calcoli, amori, convenienze, opinioni, filosofie e persino feste, da farmi pensare a una cornice simile a quella di “Guerra e pace” (che d’altra parte era uscito pochi anni prima, nel 1867).

“Vedete? È esattamente come la nostra Russia: quei dèmoni che sono usciti dall’uomo malato e sono entrati nei porci: sono tutte le piaghe, i contagi, le impurità… Tutti i dèmoni grandi e piccoli che si sono moltiplicati in quella grande malata, la nostra amata Russia, nel corso delle ere”

Punti di forza de “I demòni”

“I demòni” è tanta roba. È azione, coralità, perfidia, parodia. Non immaginavo che avrei riso e mi sarei inorridita tanto, in egual misura. Sono contenta di aver partecipato a questa #MaratonaRussa, perché mi ha permesso di staccarmi dalle impressioni negative delle opere dostoevskijane a me un po’ più ostili e guardare il suo operato da altri punti di vista. E siccome libri come “L’idiota” e “I demòni” sono dei bei mattoni, è arrivato Audible ad aiutarmi. Lode a te Audible.

Nabokov aiuta molto a inquadrare Dostoevskij in un quadro culturale e letterario in cui a uno scrittore si richiedevano linearità e messaggi politici, scevri da slanci passionali o giudizi di pancia. Lui invece era sanguigno, monologante e abituato a vivere intensamente il proprio corpo soprattutto a causa dell’epilessia e tutti i malesseri collegati. Soffriva questo sistema e lo odiava e amava insieme. Nel romanzo troviamo anche una interessante parodia di Turgenev e del mondo letterario in generale. Da qui torniamo al dente avvelenato contro la società del protagonista di “Memorie dal sottosuolo”.

Però, però, però…

La baraonda di personaggi in “I demòni” è abbastanza disorientante. Si parte bene con due personaggi, Stepan e Varvara, che poi diventano quattro con l’introduzione dei loro rispettivi figli e piano piano aumentano di numero. Nella seconda parte i tanti personaggi vengono riproposti in alcuni microgruppi in una maniera che ho percepito come disordinata o perlomeno meno organizzata di “Guerra e pace”, dove le parti salottiere venivano alternate a quelle in guerra.

“No, meglio semplicemente la strada, semplicemente avviarsi lungo la strada e camminare e non pensare a niente, finché alla fine avrebbe smesso di pensare. La strada è qualcosa di molto lungo, di cui non si può vedere la fine, come la vita umana, come i sogni umani.”

A parte le solite difficoltà tutta italiana nel gestire l’elevata quantità di patronimici russi, “I demòni” mi lascia grata anche perché politica, filosofia e teologia sono presenti in giuste dosi. Persino i monologhi li ho percepiti meno lunghi de “L’idiota” e quindi più coinvolgenti e comprensibili.

Vi consiglio molto la lettura del già citato breve saggio di Pietro Citati su Dostoevskij contenuto ne “Il male assoluto”. Qui troviamo un Fëdor forte, profondo, innamorato ma irraggiungibile, raccontato dalla penna devota della sua seconda moglie.

Cristina Mosca