“Maurice” di Edward Morgan Forster (Garzanti)

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“Maurice” di Edward Morgan Forster (1914)

Scritto nel giro di pochi mesi tra il 1913 e il 1914 e revisionato a più riprese, il romanzo “Maurice” di Edward Morgan Forster ha visto la luce solo nel 1971, perché pubblicato postumo su richiesta dell’autore.

Se non fosse stato per la sfida di Ink Books che metteva tra gli obiettivi un classico di Forster, non l’avrei mai preso in considerazione perché non è tra i miei scrittori preferiti. Invece mi sarei negata un bel romanzo sul diritto alla felicità.

Di Edward Morgan Forster abbiamo recensito anche “Camera con vista”.

Cos’è “Maurice”

Gli appassionati di Dark Academy sanno che questo genere trae ispirazione da classici come “Maurice” e “Il ritratto di Dorian Gray” di Oscar Wilde. Troviamo in entrambi i romanzi l’ambientazione in un mondo chiuso come quello collegiale, improntato all’edonismo e alla competizione.

La copertina dell’edizione Garzanti che ho ascoltato in Audible fa un mix dei due e propone la foto di Lord Alfred Douglas, cioè l’amante di Oscar Wilde, su un libro di Forster. (Pazienza).

Maurice è un ragazzo che si lega con profonda amicizia a un compagno di collegio e solo quando questi gli confessa il suo amore si rende conto di contraccambiarlo.

Una supernova esplode nella sua vita. Ha inizio una serie di riflessioni intime e verosimili, molto sofferte. Si aggiunge anche una crisi identitaria a cui il protagonista cerca per due volte soluzione tramite l’ipnosi.

Nell’evoluzione di incontri e personaggi ci ritroviamo in un’atmosfera alla D.H. Lawrence, con la comparsa del guardiacaccia Alec che aiuta Maurice a ricongiungersi con la parte primitiva di sé.

Punti di forza

Come lo stesso autore racconta nelle note finali del romanzo, il senso della storia è nell’auspicio di un mondo in cui non sia necessario l’esilio per poter vivere un amore consenziente e consapevole. In Inghilterra l’amore omosessuale è rimasto un reato perseguibile legalmente fino alla fine degli anni Sessanta del Novecento.

“Avrebbero perlomeno vissuto più compiutamente sia dei santi che degli edonisti e assorbito, per quant’era possibile, la nobiltà e la dolcezza del mondo. (…) Nessuno dei due si domandava “Sono condotto? Sto conducendo?”. L’amore aveva strappato Clive alla futilità e Maurice alla confusione mentale, affinché due anime imperfette potessero rasentare la perfezione”

Seppure sia scritto con l’eleganza e il pudore che contraddistingue Forster, ho immaginato che trovare uomini che si confessano reciprocamente amore, si scambiano baci leggeri come una carezza e lasciano intendere notti appassionate fosse altamente disturbante, ai tempi. Un po’ come per me è stato disturbante il turpiloquio di Louis Ferdinand Céline, nella lettura condivisa che ho abbandonato a pagina 42, vinta a tavolino.

Nonostante Forster abbia condiviso la genesi del romanzo con alcuni amici (oggi li chiameremmo lettori beta), perse quasi l’interesse nella sua pubblicazione sentendola come datata. L’aspetto buffo è che il lettore contemporaneo ne nota invece l’incredibile modernità.

Però però però…

La forza di Forster non è sicuramente nella potenza aforistica del suo stile. La maggior parte del romanzo è incentrato sull’azione e sui dialoghi tra i personaggi, sui loro ripensamenti, sulla loro aspirazione alla felicità. Come suggerito anche nelle note finali, del libro vale la pena accogliere il messaggio positivo. Non è un caso se Forster lascia vivere Maurice, contrariamente alle sorti scelte da altri autori per le “adultere ottocentesche” Anna Karenina o Madame Bovary o per il contemporaneo von Aschenbach de “La morte a Venezia” (1912).

“E Alec gli porse la mano. Maurice la prese e in quel momento conobbero il massimo trionfo che l’uomo ordinario possa conquistare. L’amore fisico significa reazione, essendo panico nella sua essenza.”

Se si è incuriositi dalla letteratura LGBTQ si può iniziare da “Maurice” di Edward Morgan Forster, soprattutto per l’attenzione dedicata alla crisi di identità, simile a quella esposta in “Confessioni di una maschera” di Yukio Mishima.

Cristina Mosca