“Storia di chi fugge e di chi resta” di Elena Ferrante (E/O)

“Storia di chi fugge e di chi resta” di Elena Ferrante, E/O 2013

“Storia di chi fugge e di chi resta” è il terzo volume della tetralogia de “L’amica geniale” scritta da Elena Ferrante. È stato pubblicato nel 2013 dalla casa editrice E/O.

Della tetralogia, questo è il libro che finora ho preferito, perché si allontana dalle beghe famigliari e sessuali ed entra nei grandi cambiamenti dell’Italia degli anni Settanta. Di Elena Ferrante abbiamo recensito il primo volume de “L’amica geniale” qui e qui e il secondo libro, “Storia del nuovo cognome”, qui.

Cos’è “Storia di chi fugge e di chi resta”

Elena “Lenù” Greco “fugge” a Firenze perché si sposa, Raffaella Lina/Lila Carraccio resta a Napoli e non torna più a stare con il marito, che nel frattempo è andato a vivere con l’amante che ha messo incinta. Il rapporto tra le due amiche iniziato ne “L’amica geniale” sembra farsi stretto più adesso che quando vivevano nella stessa città, o durante quegli anni in cui Elena frequentava l’università a Pisa in “Storia del nuovo cognome”. Sembra che la condizione di madri le accomuni ora più che mai e le telefonate si fanno più frequenti.

“Eravamo diventate l’una per l’altra entità astratte, tanto che adesso io potevo inventarmela sia come un’esperta di calcolatori sia come una guerrigliera urbana, decisa e implacabile. (…) Avevamo entrambe bisogno di nuovo spessore, di corpo, e tuttavia ci eravamo allontanate e non riuscivamo più a darcelo”

Intanto anche l’evoluzione del matrimonio di Elena prende pieghe irrimediabili.

Punti di forza

Sistole, diastole. I libri di Elena Ferrante sembrano tracciare un percorso oscillatorio tra il dentro e il fuori, la claustrofobia e l’indipendenza. Per esempio, in “Storia di chi fugge e di chi resta” abbiamo il movimento fra il matrimonio inteso come evoluzione personale e il conseguente senso di soffocamento con l’aumento dei vincoli.

Da una parte osserviamo Lina avanzare attraverso la sua dura vita come un esploratore sui ghiacciai, con le mani graffiate e la vista appannata, ma tenere la testa bassa come un toro in carica contro le storture del contesto sociale in cui vive. Dall’altra, assistiamo al potenziale decollo di Lenù come scrittrice, che riesce a pubblicare il suo libro, e la sua successiva caduta in picchiata, quando arriva il confronto con il mercato editoriale, la critica letteraria e l’opinione pubblica. Diventando madre e perdendo il pieno possesso del proprio tempo personale, inoltre, come si può non perdere colpi?

“(…) voleva comunicarmi che il tempo delle pretese era finito, che caricare il piacere con la responsabilità era una stortura”

Nel terzo volume de “L’amica geniale” abbiamo il confronto con la lotta operaia e i primi passi nel mondo del femminismo. Sia Lila che Lenù vivono questi cambiamenti, anzi li creano e allo stesso tempo li subiscono.

A Napoli Lila difende i suoi diritti sul posto di lavoro con tutti i rischi del caso, sceglie una vita privata non convenzionale e conferma il suo intuito intraprendendo una strada poco battuta ma di successo: l’elettronica. Lenù studia, si imbatte negli scritti di Carla Lonzi, scrive per sostenere la causa operaia e propone al lettore le sue spiazzanti riflessioni sulle dinamiche tra le persone.

“Più io provavo a trascinarla allo scoperto e coinvolgerla nel mio voler fare chiarezza, più lei si rifugiava nella penombra. Pareva la luna piena quando si acquatta dietro il bosco e i rami le scarabocchiano la faccia”

Il tutto nel consueto stile scorrevole di Elena Ferrante, molto visivo e dinamico.

Però, però, però…

La ripetitività dei due libri precedenti mi ha molto aiutata a orientarmi tra i numerosi personaggi e le loro relazioni. Eppure, in “Storia di chi fugge e chi resta” per la prima volta ho sentito qualche nota stonata quando l’autrice vuole ribadire alcune cose già presentate pochi capitoli prima o torna a collegare nomi e soprannomi. Avrei trovato più utile, piuttosto, ricordarci l’identità di alcuni personaggi persi nell’infanzia di Lenù, che sbucano fuori dopo due volumi.

“Avevo in testa pensieri che non volevo formulare nemmeno per me stessa. Temevo che i fatti si sarebbero magicamente adattati alle parole”

Ecco, questa è l’unica perplessità che ho avuto. La verità è che ascoltando questo libro ho pensato che andrebbe fatto leggere nelle scuole, perché mi ha fatto pensare costantemente a “Metello” di Vasco Pratolini, scritto però in linguaggio moderno.

Ho letto “Storia di chi fugge e di chi resta” insieme al gruppo di lettura nato in seno allo #scaffalestrabordante delle Sbarbine che leggono.

Cristina Mosca