“Suite francese” di Irène Némirovsky

“Suite francese” di Irène Némirovsky (1942)

“Suite francese” di Irène Némirovsky è un romanzo incompiuto e postumo ambientato in Francia durante la seconda guerra mondiale. In Italia tutte le opere di Irène Némirovsky sono pubblicate da Adelphi a partire dal 2005. Incuriosita da questa autrice, mi sono unita alla lettura condivisa di Giornate di lettura “4 righe con la storia” organizzata per febbraio-marzo.

Di Irène Némirovsky ho recensito anche “Il bambino prodigio”.

Cos’è “Suite francese”

Primo indizio: quando uno sente la parola “suite” ha due scelte: immaginare una stanza o una composizione musicale. Bè “Suite francese” NON è un appartamento.

La suite è un insieme di brani (movimenti) correlati e suonati in sequenza da strumenti solisti, complessi da camera o un’orchestra. Allo stesso modo, “Suite francese” è un romanzo immaginato in cinque volumi, disposti in sequenza e richiamanti gli stessi personaggi. Purtroppo l’autrice ha potuto scrivere solo i primi due, “Temporale di giugno” e “Dolce”: nel 1942 è stata arrestata per via delle sue origini ebraiche.

Secondo indizio: nonostante il nome, Irène Némirovsky non è un’autrice russa. Di nascita ucraina, ha vissuto e lavorato in Francia dai sedici anni di età, ma aveva appreso il francese già in fasce, dalla sua balia.

La trama è insieme complessa e semplice. In “Temporale di giugno” abbiamo quattro gruppi famigliari che vivono lo sfollamento di Parigi del 1940, all’arrivo delle truppe naziste. Vengono raccontate le vicende di tutte e quattro. In “Dolce” ci si focalizza sui rapporti che si instaurano fra le donne francesi, che sono in attesa dei loro famigliari presi prigionieri dai tedeschi, e i tedeschi, che sono da loro ospitati. Nascono stima e famigliarità dettate dalla nostalgia, anche se sono sentimenti combattuti in quanto visti, potenzialmente, come tradimenti.

Punti di debolezza

Di fronte alla dispersione dovuta alla guerra si rischia di perdere contezza dei legami tra i personaggi e non essere più sicuri di sapere dove e con chi si è. La sensazione è vicina a quella che si prova durante “Guerra e pace” ma più in piccolo, diciamo: grande incertezza, molta attesa, ampie distanze da colmare. C’è chi finisce disperso, chi si concentra su un amore, chi cerca di restare fedele a tutti i costi. L’alternanza del salotto e del campo di guerra che si trova in Tolstoj diventa una separazione di camere in “Suite francese”.

Però, però, però…

Superato il senso di dispersione, ci si gode il romanzo nel suo afflato romantico, nella sua ironia amara, nel bisogno di vita che prevale su ogni personaggio.

Il libro si focalizza prettamente su chi resta, non su chi parte per il fronte. La particolarità del romanzo è che è stato scritto in diretta, ossia tra il 1940 e il 1942 – esattamente gli stessi anni in cui è ambientato – con grafia minutissima per non consumare troppa carta.

Il manoscritto è venuto fuori solo alla fine degli anni Novanta, perché le figlie lo avevano creduto un diario e avevano procrastinato il momento della sua rivelazione.

“Suite francese” presenta una buona introspezione psicologica e un inaspettato tono leggero, a tratti ironico. Da parte dell’autrice sembra esserci molta empatia verso i suoi personaggi, e questo aiuta a rendere la lettura coinvolgente.

Cristina Mosca