“Mansfield Park” – di Jane Austen (Bur)

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“Mansfield Park” è un romanzo scritto da Jane Austen tra il febbraio 1811 e il giugno 1813. È un romanzone che nelle varie edizioni può superare le cinquecento pagine (noi abbiamo letto quella BUR, ma attenzione, le dimensioni scelte per il font sono piccoline).

È stato pubblicato nel 1814, subito dopo quel “Sense and Sensibility” (1811) che le aveva dato la notorietà e quel “Pride and Prejudice” (1813) che gliela dà ancora oggi (e che già a suo tempo mi ha messa a dura prova). Della stessa autrice abbiamo anche recensito “Juvenilia”.

Mi sono decisa a intraprendere la lettura (l’ascolto, in audiolibro) di “Mansfield Park” perché è partita la lettura condivisa su Jane Austen nell’ambito della #sfidadeiclassici2021 organizzato da Adele.

Cos’è Mansfield Park

Mansfield Park è un posto inventato, nella campagna inglese della fine del 1700. I fatti raccontati vengono infatti dichiaratamente ambientati all’ultimo ventennio del diciottesimo secolo (“Trent’anni fa”, esordisce l’autrice).

Perché mi ostino a leggere Jane Austen? Perché è portata per l’intreccio. Ha un sarcasmo adorabile. E se è nata nel 1800 non è colpa sua.

“Le giovani dovrebbero essere silenziose e modeste. L’unico aspetto da obiettare è che spesso il cambiamento nei modi di fare una volta che sono state introdotte in società è talvolta troppo repentino. Spesso queste fanciulle passano in brevissimo tempo dalla riservatezza al suo radicale opposto… la confidenza! Questo è il punto debole del sistema attuale”

Come spiega Vladimir Nabokov in “Lezioni di letteratura” (1980), “Mansfield Park” era originariamente diviso in tre volumi e concepito come un’opera teatrale in tre atti. Assistiamo anche all’ingresso e all’uscita di una serie di personaggi, abbiamo un climax e uno scioglimento. Ma l’opera era così lunga che la stessa Jane Austen, evidentemente, se ne stancò. Verso la fine del romanzo troviamo una parentesi epistolare in cui molte azioni importanti vengono raccontate invece di venire messe in scena: “una scorciatoia di non grandissimo metodo artistico”, commenta Nabokov.

L’ambientazione è tipica, per un romanzo dell’Ottocento: c’è un outsider (in questo caso una pupilla) che arriva a rompere un equilibrio. In “Cime tempestose” di Emily Brontë l’outsider zingarello è portatore di turbamento ed è di importanza fondamentale nella crescita psicofisica della protagonista. In “Mansfield Park”, invece, la dolce Fanny Price dall’equilibrio familiare in cui si inserisce si lascia coinvolgere e cambiare.

Fanny si innamora di un cugino, che a sua volta di tutte sembra innamorarsi fuorché di lei. corteggiata a sua volta, si oppone con grande modernità anche ai voleri del temuto zio, con argomentazioni disarmanti, perseguendo con candore il suo benessere.

Il passaggio centrale del romanzo è in un progetto corale che cerca di venire alla luce. Il gruppo costituito da giovani conoscenti (corteggiati, corteggiatori, innamorati segreti: un agglomerato interessante) tenta l’impresa di organizzare, per passatempo, un’opera teatrale fatta in casa. Con risultati quasi teatrali a loro volta, visto che la commedia scelta è piuttosto piccante, per l’epoca.

Punti di debolezza

Quante lungaggini, Jane Austen mia! Alcune sono legittime, ma altre, anche con tutto l’amore per l’introspezione dei personaggi che possiamo avere, sono difficili da affrontare. La parte in cui il gruppetto di amici deve decidere quale spettacolo teatrale allestire si perde in tutta la noia della scelta e della distribuzione dei personaggi. Un ritratto fedele di quello che accadeva? Temo di sì. Una piccola parodia? Probabile. (Solidarietà a Jane Austen)

Nabokov giustifica l’apparente superficialità dell’impianto del romanzo alla luce di un patto narrativo fondamentale: occorre accettare che ogni romanzo è un mondo a sé e non deve essere paragonato con la “vita reale”.

“A prima vista lo stile e l’argomento possono sembrare antiquati, artefatti, innaturali, ma è un’illusione a cui soggiace il cattivo lettore. (…) L’autore originale inventa sempre un mondo originale”.

Però, però, però…

È indubbio quanto la sua autrice sia illuminata (e spietata) nel descrivere/denunciare alcuni modi di fare calcolatori e grossolani del tempo. La preoccupazione principale, nei suoi personaggi, è sistemarsi, e non è difficile credere che anche nella vita reale fosse proprio così per i più. Il diritto a un matrimonio d’amore è una novità dell’ultimo paio di secoli.

Una delle parti che ho preferito di “Mansfield Park” è nel terzo volume, cioè nell’ultima parte. Fanny torna dai suoi genitori per qualche mese. Lo sguardo cambiato sulla sua casa di origine, la sua difficoltà a reintegrarsi, la sua diversità mi hanno fatto pensare a tutta una letteratura del ritorno che vede ne “L’arminuta” uno degli esempi più recenti.

“La sua delusione nei confronti della madre fu maggiore; (…) Qualsiasi lusinghiero pensiero di diventare importante per lei, presto sfumò nel nulla. Mrs Price non era scortese… ma, invece di conquistarsi poco a poco il suo affetto e la sua fiducia, e di diventare ogni giorno più cara, sua figlia non ricevette da lei maggiori dimostrazioni di attenzione di quelle avute il giorno del suo arrivo”

Amare Jane Austen non è difficile, a patto che si accettino le sue digressioni e i suoi giochi da bambina, come li chiama Nabokov. L’autrice si diverte tantissimo nel mondo che crea e chiede anche a noi di indugiarvi. In fondo, quante chiacchiere vuote si sarà dovuta sorbire, nei salotti inglesi, senza il vantaggio di poter cambiare canale?

Cristina Mosca