“Lezioni di letteratura” – Vladimir Nabokov (Adelphi)

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“Lezioni di letteratura” di Vladimir Nabokov, Adelphi 1982

È stato un viaggio lungo quasi un anno, quello che ho fatto in compagnia di “Lezioni di letteratura” di Valdimir Nabokov. L’ho iniziato a febbraio e l’ho terminato a novembre: praticamente una gravidanza. Il mio obiettivo è stato molto preciso: leggere o rileggere tutti i romanzi presi in esame dall’autore e poi andare a vedere come lui li raccontava.

Si tratta infatti della raccolta postuma delle lectures – lezioni universitarie – che l’autore di “Lolita” ha condotto alla Cornell University a New York negli anni Cinquanta, estrapolando tecniche e scintille di alcuni dei più ostici romanzi scritti a cavallo del Novecento. Io ho letto la ristampa 2018 dell’edizione Adelphi 1982.

Punti di forza di “Lezioni di letteratura”.

Uno degli aspetti che più ho apprezzato in questi testi è vederne l’aspetto umano. In molti casi ho potuto immaginare Nabokov in cattedra, ironizzando su questa o quella scelta degli autori e trattandoli con la confidenza di un vecchio amico, a volte con tono bonario.

Probabilmente pure Jane Austen, dice, si stava stufando di scrivere l’infinito Mansfield Park – al centro del romanzo c’è un momento di stanca, tradotto con la tecnica epistolare – e neanche Kafka sapeva bene in quale coleottero si fosse trasformato Gregor Samsa ne “La metamorfosi”. Le considerazioni sui vari romanzi sono così, poco accademiche e molto interessanti.

Nabokov esprime la sua opinione su un misterioso uomo in Macintosh (un cappotto) marrone che più di una volta compare nell’Ulisse di James Joyce: secondo lui dobbiamo interpretarlo come un cameo dell’autore stesso. Joyce si sarebbe ispirato all’usanza degli antichi pittori italiani di dipingere il loro volto all’angolo della tela o all’abitudine di William Shakespeare – più volte tirato in causa nel corso del libro – di dare il suo nome a uno dei personaggi in qualche opera. Bloom che ogni tanto incontra quest’uomo che rimane senza volto e senza nome incontrerebbe, quindi, il suo stesso creatore.

Però però però…

Nessun però! Mi è piaciuto molto intravedere l’uomo Nabokov dietro l’accademico e apprezzare il suo stile chiaro e preciso, anche nelle sue espressioni di simpatia verso la figura di Marcel Proust. Analizzando “Dalla parte di Swann”, per esempio, difende a spada tratta la differenza tra fiction e autobiografia, rivendicando il diritto di non sovrapporre a tutti i costi la vita dell’autore alla sua creazione.

Ho trovato illuminanti la messa in rilievo della tecnica del contrappunto in “Madame Bovary” o la visione di tre entità invece di due ne “Lo strano caso del Dr Jekyll e Mr Hyde”; la franchezza con cui giudica “Casa desolata” una defaillance di Charles Dickens, perché non è un autore poliziesco e si vede.

La premessa, “Buoni lettori e bravi scrittori”, è bellissima.

“L’arte dello scrivere è un’attività futile se non comporta anzitutto l’arte di vedere il mondo come risorsa potenziale della narrazione. Gli elementi che compongono il mondo possono senz’altro essere reali, ma non formano un tutto univoco: sono caos, e quel caos lo scrittore lo mette in moto, permettendo così al mondo di accendersi con un guizzo e di fondersi (…).”

Consiglio a tutti di compiere il mio stesso viaggio. La compagnia è ottima, e le audioletture possono aiutare molto! Diverse sono disponibili gratis su youtube, alcune li indico nelle singole recensioni linkate a questo articolo.

Cristina Mosca