“Dalla parte di Swann” – Marcel Proust (Newton)

“Dalla parte di Swann” di Marcel Proust (1913)

Passare da Joyce a Proust è come bere il sorbetto dopo la frittura di pesce. Terminato l’ “Ulisse” ho ascoltato in audiolibro “Dalla parte di Swann”, il primo dei sette volumi che compongono “À la recherche du temps perdu”, pubblicato nel 1913 a spese dell’autore. Della Recherche abbiamo recensito anche “All’ombra delle fanciulle in fiore“. e “I Guermantes“. Dello stesso autore abbiamo recensito “L’indifferente“.

Ho iniziato a leggere “Alla ricerca del tempo perduto” a vent’anni, dopo essermi fatta regalare l’intero cofanetto Newton, e mi sono fermata al terzo libro. L’idea che mi ero fatta di Proust era di un fiume da cui è saggio lasciarsi trasportare, ma che non mi ha trovata sempre disponibile. L’autore che ho ritrovato adesso è teneramente loquace, profondo e soprattutto ironico.

La trama di “Dalla parte di Swann”

Il narratore parla dei suoi ricordi d’infanzia a Combray e del suo batticuore per Gilberte Swann. La parte centrale è dedicata all’amore problematico e morboso del padre Charles Swann per Odette. Lei è una mantenuta neanche tanto bella e, a quanto pare, è una bugiarda matricolata. Assistiamo allo struggimento di Swann nel non poterla sapere completamente sua e respiriamo tutto quello che si muove nel suo animo tormentato, altalenante fra l’amore e il disamore.

Punti di forza

Con “Dalla parte di Swann” si conclude il mio viaggio nella mente di Vladimir Nabokov che commenta i maggiori classici della letteratura nel saggio “Lezioni di Letteratura” (Adelphi 1980). A differenza degli altri romanzi, però, sto scrivendo questa recensione senza leggere il saggio (ma vi racconterò in un secondo momento cosa dice lui). Stavolta mi faccio bastare quello che sento, perché il libro mi ha coinvolta, interessata e a tratti perfino divertita.

La voce narrante racconta delle ossessioni di Swann senza sminuirle eppure riesce a sfumarle di tragicomico. Nel rapporto verso i suoi personaggi ci ho visto più la serenità nostalgica di Natalia Ginzburg che l’attitudine macchiettistica di Charles Dickens. E soprattutto, l’introspezione dei personaggi mi ha donato momenti di profonda riflessione e sintonia con me stessa.

“Swann tentava di chiedersi che cosa fosse; giacché una somiglianza fra l’amore e la morte, più di quelle troppo vaghe che si ripetono sempre, è di farci indagare più a fondo il mistero della personalità per paura che la sua realtà si dissolva. E quella malattia che era l’amore di Swann si era talmente moltiplicata, si era così strettamente mescolata a tutte le abitudini e a tutti i gesti di lui, al suo pensiero, alla sua salute, al suo sonno, alla sua vita, perfino a ciò che desiderava per dopo la morte, faceva ormai talmente un tutt’uno con Swann, che non si sarebbe potuto strappargliela senza distruggere anche lui quasi per intero: come si dice in chirurgia, il suo amore non era più operabile”

Però, però, però…

L’unico ostacolo da superare con Proust è nel fatto che – ahinoi – è pur sempre uno scrittore di fine Ottocento. A differenza di James Joyce, il suo contributo alla letteratura del futuro non è nella lingua o nelle tecniche, bensì nei contenuti, così legati alla psiche e alla percezione del fluire del tempo.

“Si trema solo per se stessi, per coloro che amiamo. Quando la nostra felicità non è più in loro mano, che calma godiamo accanto a loro, che disinvoltura, che audacia!”

Il capitolo più famoso (e più facile da citare perché è il primo) è quello in cui il narratore parla delle madeleine. È lo stesso in cui ricorda come tutto ruotasse intorno al forte desiderio del bacio della buonanotte della madre – un desiderio che non sarà molto diverso dalla fissazione di Swann verso Odette.

Se vi viene in mente una regressione o un pretesto per dilungarsi, qui li troverete. Alcune volte, in quanto a lungaggini, fa una pericolosa concorrenza a Jane Austen.

Tuttavia, soprattutto nella formula dell’audiolibro Proust diventa una compagnia particolarmente gradita, che si muove leggera fra gli snob dell’aristocrazia e le convenzioni dell’alta borghesia, conferisce tridimensionalità ai personaggi e, lo crediate o no, riesce persino a portare freschezza. Consigliato!

Cristina Mosca